A sud

Ferie, una settimana. Tre giorni fa, no 4, lo spunto per una zingarata incrociando per caso, tra scale e corridoi, Andrea. Vuol partire ed è da solo, come me, ha in testa Berlino, con una puntata nei Paesi Bassi. "Den Helder, voglio tornarci - gli faccio, già convinto del viaggio, tornando in un lampo a quel porto sul mare del Nord, fitto di navi da guerra pescherecci e case galleggianti ormeggiate in un placido canale. Vent'anni indietro, mica uno, quando in quel porto ho chiuso il libretto di navigazione nel cassetto, per aprire il tesserino militare. Poche ore dopo torniamo sul discorso: "In treno", fa Andrea, convinto che vacanza sia vacanza dalla vita di tutti i giorni, anche dai ritmi. Al cellulare non ha visto la mia faccia, ma le mie perplessità le avrà sentite… In treno. Non è rallentare il ritmo, è inchiodare mentre viaggi in autostrada. Già mi vedevo boccheggiante a sfogliare pagine di un libro, o il dramma o la vera decantazione, uno stacco radicale, pensavo. Sorpassando, of course. Addio pattinata a perdifiato sulle autostrade tedesche, però mi intrigava lo stesso provarci. In treno, che stacco. Meno intrigante Trenitalia.com, mi ha restituito 20 ore per Berlino, 18 per Praga. Un'incredibile lentezza, che brucia due giorni della settimana, quando in sette ore mangio le tagliatelle con papà. Niente freno a mano, sabato pomeriggio la destinazione diventa il Salento, con l'auto, va bene, la mia, così la provo. Chiudo la valva sulla tassa da pagare alla zingarata: tenda. Quasi una sentenza, mentre ho voglia di un balcone sul mare e freschi muri, spessi così. Nella mia cartolina prestampata c'è Stewart Copeland, che salta sul palco in casacca leccese, sulla quale troneggia "Salento". Se un mio mito riaffiora dalle nebbie, evocato solo pochi giorni prima l'esibizione televisiva, un motivo ci doveva essere. Lo avevo lasciato ai Police, ai titoli di coda di Rusty il Selvaggio, musiche del dinoccolato batterista, che pestando accompagnava la strascicata voce americana di Stan Ridgway, "Don't box me in". Lo pensavo riascoltandoli, e Copeland riaffiorava invece suonando una tarantola (si dice così?), al microfono parlava di quella terra e del suo legame, scuotendo la maglia del Lecce a suon di bacchettate. E' bastato quel lampo nel pensiero, Salento, il resto sono scorci patinati nella memoria. Bastava Copeland per la destinazione. E al diavolo la tenda.

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