Franco Pozzi all'Assenzio: io ci vado

Franco Pozzi espone all'Assenzio, un localino di Rimini fuori dai giri modaioli che, da alcuni mesi, propone cultura locale e non, sotto forma di mostre, reading di poesia e di letteratura, musica dal vivo. Amico di vecchia data, con Franco ho fatto un libretto d'arte per i tipi di Walter Raffaelli. Ma ormai posso parlare di Pleistocene. Venerdì 16 marzo alle 21 l'inaugurazione (via Bilancioni 14 a/b- Rimini) con la presentazione di Alessandro Giovanardi, il giovane critico che anima il programma culturale dell'Assenzio. Ecco la sua presentazione:

Franco Pozzi. In girum imus nocte et consumimur igni

Schivo e intransigente, instancabile studioso d’immagini e sperimentatore di vie che conducono alla perfezione del gesto e del tratto, Franco Pozzi, ci offre, con irreprensibile riservatezza, la sua ultima fatica artistica. È un dono raro, frutto pregiato di un lavoro continuo, vissuto nel nascondimento e nella negazione netta della mondanità – non della socievolezza – come abusata via all’affermazione di sé e della propria opera. I veli scuri su cui interviene, togliendo lentamente il nero con delicate e precise pennellate di varechina, assomigliano all’esercizio meticoloso – visto, però, al negativo – dei maestri calligrafi dell’Islam, o dei pittori d’ideogrammi della tradizione cinese e nipponica. Per altri versi, questa pittura rovesciata, ricorda – e non solo visivamente – la grafica: il procedere togliendo l’avvicina alla xilografia, oltre che al cesello, in una sorta di scultura metafisica; la sovrapposizione d’interventi, invece, l’assimilano ad altre tecniche: dalla litografia al bulino, dalla puntasecca all’acquaforte e all’acquatinta. I fogli, su cui lavora, attentamente piegati a metà, originano immagini speculari che rimandano immediatamente alla simmetria poetica delle sue celebri farfalle. Pozzi, nella trama di linee intrecciate che, con forza centripeta o centrifuga, intesse a mo’ di ragnatela o labirinto, intende costruire partiture musicali o piuttosto simboli meditativi come gli yantra o i mand?la che fungono da supporto per la contemplazione in molte scuole dell’Induismo e del Buddhismo. E, in realtà, tanti e profondi sono i riferimenti di questo coltissimo artista, che, tuttavia, non affastella citazioni, anzi le decanta a lungo per poi addensarle in allusioni sottili e intensissime: dalle vetrate di alabastro rammemorate nei nodi di luce e trasparenza del suo ordito, ai riferimenti alle grottesche e ai rameaux habités con finissimi richiami a un sentimento esoterico delle forme; dal gusto per le linee del gotico – assimilato attraverso l’inquietudine mistica di Gaudì – fino alle architetture seicentesche, in particolar modo borrominiane. L’artista edifica, così, intricatissime fontane o cattedrali impossibili e vertiginose, giocando sulla leggibilità palindroma e simmetrica dell’opera e sul motto latino, anch’esso palindromo, In girum imus nocte et consumimur igni, per cui l’andare “in giro” ricorda sia il disperdersi (“a zonzo”), sia il ritornare all’origine (“in circolo”, sul tracciato di un cerchio). E questo gioco – e nulla vi è di maggiormente serio del gioco, come insegnano i più lievi e profondi maestri di liturgia – accade “di notte”, mentre si è “consumati dal fuoco”. In quest’ultimo elemento vogliamo intendere la passione divorante per la visione ricevuta e l’immagine da realizzare, oppure la vocazione dell’artista a vedere e far vedere, il talento del sottile, aristocratico suggerire mondi; ma è, forse, meglio dire il suo destino immenso, delimitato dal fato, ovvero dal tempo concesso nella dispersione e nel ritorno. Qui fuoco e notte si riallacciano a un tema privilegiato nella formazione di Pozzi: la pittura della Riforma cattolica dal tardo XVI agli inizi del XVIII secolo; i contrasti mistici e penitenziali fra luce e tenebra, l’alchimia delle forme illuminate e adombrate, i trasalimenti e le metamorfosi, l’estrema modernità e il gusto rigoroso per la pictura antiqua. Una trama così ricca ci è data con segni pazienti e parchi, con la medesima elegante sprezzatura attraverso cui l’artista testimonia la sua solitaria e composta reazione alla generale chiacchiera del mondo.

Alessandro Giovanardi

La mostra è fino al 19 aprile. Ci vediamo all'inaugurazione.

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Commenti

Grazie di avercelo ricordato.
Ci si vede lì.

Salve mi chiamo Sauro desiderei contattare Franco Pozzi, un recapito telefonico o un indirizzo mail.
grazie