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Aggiornato: 23 ore 48 min fa

Romagna sommersa, sfollate 225 persone. La provincia di Cesena la più colpita. E45 a singhiozzo

12 Febbraio, 2012 - 10:51

Di nuovo neve, in modo copioso, associata a forti raffiche di vento in tutte le località romagnole, ma le maggiori quantità si sono rovesciate sul crinale appenninico tra le provincie di Forlì, Cesena e Rimini, mettendo a dura prova la circolazione, isolando paesi e casolari. E aggiungendo ai due metri raggiunti in certe zone in settimana un altro metro e più. Nel cesenate si sono assestati i colpi più duri: la E45 ha funzionato a singhiozzo, è stata aperta a tratti ma con obbligo di catene, mentre una settantina di mezzi pesanti sono stati bloccati a Pievesistina, con i camionisti assistiti dalla polizia municipale di Cesena. Difficile raggiungere i centri della valle del Savio. Chiusa anche l'autostrada A 14 tra Cattolica e Ancona, con limitazioni al traffico pesante fin da Bologna e alcune stazioni di servizio ad attività interrotta a causa di un black out elettrico. Nell'appenino riminese invece la cronaca parla di circa 225 sfollati in case di parenti, centri di raccolta e alberghi, mentre vicino alle grotte di Onferno è stata soccorsa una donna in procinto di partorire.

Nei centri urbani e nelle arterie provinciali la calma relativa del maltempo tra mercoledì e giovedì aveva permesso di lavorare per ristabilire una parvenza di normalità, ma ieri si è dovuto ricominciare. Nel cesenate all'opera oltre alla protezione civile i vigili del fuoco scesi da Belluno, Trento e Bolzano, oltre a mezzi dell'esercito. A Cesena, su Facebook il sindaco Paolo Lucchi ha diramato l'elenco dei centri di assistenza nei quali sono impegnati "i 10 gruppi scout cittadini e una trentina di volontari, reclutati sopratutto tra gli studenti universitari". Gli obbiettivi sono la viabilità minuta, in particolare passaggi pedonali e tratti adiacenti alle farmacie. A Forlì la viabilità è stata assicurata dai mezzi dei vigili del fuoco e dell'aeronautica militare, mentre, badile in mano, circa 150 volontari hanno lavorato per sgomberare le strade, reclutati tra gli scout, attivisti dei partiti e l'associazione degli immigrati del Burkina Faso. A Ravenna la situazione è molto meno grave, ma sono centinaia gli interventi dei vigili del fuoco per mettere in sicurezza alberi e tetti di case e capannoni industriali, gravati dal peso della coltre nevosa.

Accanto ai disagi tangibili si fa strada anche la psicosi. Il caso più eclatante all'ospedale Bufalini di Cesena, il quale doveva chiudere i servizi non essenziali e le visite ambulatoriali, come tutti gli uffici pubblici nel fine settimana, a causa della prevista tormenta in arrivo. Ma il passaparola tra dipendenti e pazienti ha trasformato la tormenta in un preavviso di tromba d'aria, diffondendo il panico in tutta la città. Nel delirio collettivo alcuni sono arrivati a telefonare alle redazioni locali, parlando di degenti in barella, fermi al gelo nel piazzale in attesa di essere evacuati. Ieri a Bagno di Romagna, nella frazione di Crocesanta, invece, la tragedia di un disabile psichico, morto per una caduta accidentale in casa, era stata diffusa in un primo momento come un decesso per assideramento mentre cercava di liberare dalla neve la propria auto o casa, a seconda delle versioni. Nel Montefeltro un anziano è stato aggredito dapprima da un lupo, poi sui social network diventato un intero branco: erano due semplici cani sperduti. Per non parlare dei cuccioli scampati ad un crollo in un allevamento di Predappio. In un annuncio su Facebook, con recapito telefonico, venivano regalati. Di diverso avviso il proprietario, Oscar Milanesi, che alla fine ha dovuto staccare il cellulare: era lo scherzo di un «buontempone».

Pubblicato su l'Unità - Primo piano, pag 17

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Romagna imbiancata fra ironia, Facebook e sindaci con la pala. Il reportage

9 Febbraio, 2012 - 17:18

L'hanno ribattezzato "e nivoun" (il nevone), paragonandolo a quello immortalato da Federico Fellini nel suo "Amarcord". Ma si sa, nel riminese, la pellicola del maestro è un po' come "I ching": ha una risposta a tutto. Sopratutto nel campo del fantastico e dell'ironia. E così la nevicata del 2012, iniziata con la classica battuta "mocché, non attaca mica" rubata allo zio di Titta, ha seguito una scala graduale che dai pochi centimetri del capoluogo è arrivata, lungo l'Appennino e il Marecchia, ai due metri di Pennabilli, nascondendo persino la fontana della piazza. Ai pennesi sommersi, pur in emergenza per approvvigionamenti idrici e mancanza di carburante, però non è passata l'allegria se, smesso di nevicare, si sono ritrovati in piazza intorno al cartello "Tranquillo Alemanno... vi veniamo a salvare noi", immortalati dalla foto di Claudio Ricci: 2597 condivisioni su Facebook.

Tanti centimetri, troppi anche per quei paesi dell'entroterra abituati alle bianche coltri ogni inverno, fino a diventare una vera a propria emergenza su tutti i fronti. Dagli almeno due giorni di black out a Mondaino, Montefiore e Montescudo, alle ore e ore passate al buio in altri comuni del Montefeltro e della Valconca, con i mezzi Enel impossibilitati a raggiungere i guasti. Tantissimi i casolari isolati da tutto, decine di persone sfollate per il carico eccessivo di neve sui tetti, vie di comunicazione interrotte per giorni hanno messo a dura prova i mezzi dei comuni e della protezione civile, ai quali sono arrivati in soccorso anche mezzi dei vigili del fuoco trentini e motoslitte delle guardie forestali. Infine l'esercito, non senza polemiche: in un primo momento sembrava che i comuni dovessero pagarne l'intervento. Ma anche nella tempesta - è il caso di dirlo per alcune giornate - la cronaca e i social network hanno restituito l'iconografia romagnola, mista di intraprendenza e ironia, tra il fai-da-te della pala del volontario e quello meccanizzato dei sindaci. A Rimini l'hotel Britannia, insieme a Caritas e Comune, ha aperto le sue porte ai senzatetto, mentre su Facebook il tam tam delle condivisioni faceva girare i numeri di emergenza - ricovero. A Santarcangelo e a Verucchio, colpita da oltre un metro di neve, i sindaci Mauro Morri e Giorgio Pruccoli condividevano con i cittadini i bollettini meteo, le ordinanze sulla chiusura scuole, la situazione della viabilità e dello sgombero neve. Non in tempo reale, ma tra una badilata e l'altra, naturalmente. Un diluvio di immagini postate e commenti, tra plausi, critiche, domande e offerte di aiuto volontario, trattori compresi.

Per gli umani la cronaca spiccia parla di centinaia di fratture curate nei 5 ospedali della provincia, tra scivoloni sul ghiaccio e cadute dai tetti nel tentativo di alleggerire il peso della coltre, fino al caso più grave di una giovane finita in coma all'ospedale per essere scesa con il bob da San Marino. Per gli animali è andata peggio: una strage. Il peso della neve ha sfondato i tetti di una stalla modello, in una frazione di San Leo, uccidendo una ventina di mucche da latte. Sempre nel Montefeltro è crollata la copertura di un allevamento di polli, uccidendo 50 mila pulcini in un colpo solo, per un danno di almeno 100 mila euro. Nella lunga narrazione de "e nivoun" 2012 sui media o tra amici su Facebook a piccoli e grandi disagi, curiosità e ironia si è unita la preoccupazione per amici a quattro zampe dispersi o l'esultanza perché ritrovati. O per il salvataggio dei 10 muli sul Sasso Simone o dei 50 cani restati isolati nel canile di Talamello.

Pubblicato su L'Unità - Primo piano, pag 21

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Romagna imbiancata fra ironia, Facebook e sindaci con la pala. Il reportage

9 Febbraio, 2012 - 17:18

L'hanno ribattezzato "e nivoun" (il nevone), paragonandolo a quello immortalato da Federico Fellini nel suo "Amarcord". Ma si sa, nel riminese, la pellicola del maestro è un po' come "I ching": ha una risposta a tutto. Sopratutto nel campo del fantastico e dell'ironia. E così la nevicata del 2012, iniziata con la classica battuta "mocché, non attaca mica" rubata allo zio di Titta, ha seguito una scala graduale che dai pochi centimetri del capoluogo è arrivata, lungo l'Appennino e il Marecchia, ai due metri di Pennabilli, nascondendo persino la fontana della piazza. Ai pennesi sommersi, pur in emergenza per approvvigionamenti idrici e mancanza di carburante, però non è passata l'allegria se, smesso di nevicare, si sono ritrovati in piazza intorno al cartello "Tranquillo Alemanno... vi veniamo a salvare noi", immortalati dalla foto di Claudio Ricci: 2597 condivisioni su Facebook.

Tanti centimetri, troppi anche per quei paesi dell'entroterra abituati alle bianche coltri ogni inverno, fino a diventare una vera a propria emergenza su tutti i fronti. Dagli almeno due giorni di black out a Mondaino, Montefiore e Montescudo, alle ore e ore passate al buio in altri comuni del Montefeltro e della Valconca, con i mezzi Enel impossibilitati a raggiungere i guasti. Tantissimi i casolari isolati da tutto, decine di persone sfollate per il carico eccessivo di neve sui tetti, vie di comunicazione interrotte per giorni hanno messo a dura prova i mezzi dei comuni e della protezione civile, ai quali sono arrivati in soccorso anche mezzi dei vigili del fuoco trentini e motoslitte delle guardie forestali. Infine l'esercito, non senza polemiche: in un primo momento sembrava che i comuni dovessero pagarne l'intervento. Ma anche nella tempesta - è il caso di dirlo per alcune giornate - la cronaca e i social network hanno restituito l'iconografia romagnola, mista di intraprendenza e ironia, tra il fai-da-te della pala del volontario e quello meccanizzato dei sindaci. A Rimini l'hotel Britannia, insieme a Caritas e Comune, ha aperto le sue porte ai senzatetto, mentre su Facebook il tam tam delle condivisioni faceva girare i numeri di emergenza - ricovero. A Santarcangelo e a Verucchio, colpita da oltre un metro di neve, i sindaci Mauro Morri e Giorgio Pruccoli condividevano con i cittadini i bollettini meteo, le ordinanze sulla chiusura scuole, la situazione della viabilità e dello sgombero neve. Non in tempo reale, ma tra una badilata e l'altra, naturalmente. Un diluvio di immagini postate e commenti, tra plausi, critiche, domande e offerte di aiuto volontario, trattori compresi.

Per gli umani la cronaca spiccia parla di centinaia di fratture curate nei 5 ospedali della provincia, tra scivoloni sul ghiaccio e cadute dai tetti nel tentativo di alleggerire il peso della coltre, fino al caso più grave di una giovane finita in coma all'ospedale per essere scesa con il bob da San Marino. Per gli animali è andata peggio: una strage. Il peso della neve ha sfondato i tetti di una stalla modello, in una frazione di San Leo, uccidendo una ventina di mucche da latte. Sempre nel Montefeltro è crollata la copertura di un allevamento di polli, uccidendo 50 mila pulcini in un colpo solo, per un danno di almeno 100 mila euro. Nella lunga narrazione de "e nivoun" 2012 sui media o tra amici su Facebook a piccoli e grandi disagi, curiosità e ironia si è unita la preoccupazione per amici a quattro zampe dispersi o l'esultanza perché ritrovati. O per il salvataggio dei 10 muli sul Sasso Simone o dei 50 cani restati isolati nel canile di Talamello.

Pubblicato su L'Unità - Primo piano, pag 21

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Chi si ricorda di Predappio? La memoria ingombrante della città natale di Benito Mussolini.

29 Dicembre, 2011 - 17:58

Può un paese essere ammalato di nostalgia? Sì, se quel paese si chiama Predappio. Ma non è il "desiderio struggente di un ritorno" che ci raccontano i dizionari: sono le macchiette che inchiodano la città ad una data, una nascita, un mito artificiale alimentato dalla macchina propagandistica del ventennio, diventate grottesco merchandising nei tre - negozi - tre di souvenir fascisti, il primo dei quali da il benvenuto entrati in paese. Un legame che nega a Predappio qualcosa di più dell'essere la città natale di Benito Mussolini. O anche di meno: magari solo un tranquillo, piccolo borgo appenninico. Ci stanno provando, i predappiesi, ad essere "Città del Novecento". Di TUTTO il novecento. Ma «siamo legati indissolubilmente al nome di Mussolini, negarlo non si può - dice il sindaco Giorgio Frassineti - cosa dobbiamo fare, nasconderci?»

Non si può. «Quando andiamo in Sicilia e diciamo di dove siamo ci guardano con due occhi così», racconta Frassineti, con una veemenza e un'ironia che lo fa assomigliare all'assessore Cangini di Paolo Cevoli. Per non parlare del maestro di sci altoatesino: «saputo da dove venivo si è arrabbiato ed è andato via senza neanche salutare! Ma sarà colpa nostra se Mussolini è nato qui?!» Non va meglio con quelli «che si appuntano la medaglietta di antifascisti al petto. In 250 mi hanno attaccato alla Casa Artusi, quando hanno organizzato "A cena col Duce". Anche questi sono nemici di Predappio, sono l'ignoranza, i pregiudizi, padre Tam: sono quelli che vengono qui a prendere e basta. Predappio è sfruttata, anche dai negozi. Cosa c'entriamo noi con i tanga "boia chi molla"? E' questo che ci rappresenta? Io penso a Predappio invece come alle città sottili di Italo Calvino: "è inutile stabilire se sia da classificare tra le città felici o infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare forma ai loro desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare le città o ne sono cancellati". Predappio è come Zenobia».

Non si potranno contrastare i 100mila nostalgici che affollano la città sopratutto nelle tre date "mussoliniane": nascita 29 luglio, morte 28 aprile, e ascesa al potere 28 ottobre. Toccherà convivere con le teste... rasate che gironzolano in maglietta, jeans, bretelle e Dr Martens vintage 1914, gli anfibi "must-have" di ogni skin head. Ma si può tentare di ristabilire che a Predappio c'era un prima e ci sarà un dopo. Nasce così «Predappio città del Novecento», mostra iconografica che parte «dalla casa di Alessandro Mussolini, fabbro socialista e internazionalista», prima che casa natale di Benito. E da Dovìa, nome del borgo dove sorge, quando Predappio non esisteva, creata ex novo dopo una frana (e l'ascesa al potere del suo infausto figliolo) come Carbonia, Littoria (ora Latina) e le altre città celebrative: «doveva propagandare il mito della nascita dell'uomo nuovo» ricorda Frassineti.

Ogni sabato e domenica e festivi, fino al 29 gennaio (ingresso 5 euro, ridotti 3), fotografie di predappiesi, materiali dall'Archivio Storico dell'Istituto Luce, girati o fotografati durante il ventennio, compreso il documentario censurato di Luciano Emmer del 1941, "La sua terra". E poi  foto scattate dalle truppe di liberazione custodite dall'Imperial War Museum, in un percorso che si snoda su due piani, curato da Elisa Giovannetti e Raffaella Biscioni, i testi supervisionati dallo storico Vittorio Emiliani. Il tutto sostenuto da un nutrito comitato scientifico con, tra gli altri, i docenti Roberto Balzani e Maurizio Ridolfi, che i lettori de L'Unità ricorderanno come promotori della petizione per salvaguardare la memoria del 25 aprile e delle feste civili, l'estate scorsa, dal "taglio" del governo Berlusconi.

La mostra segue le tappe della creazione dei due miti del ventennio intorno a Predappio: la città e la casa natale del Duce. Con il re e imperatore che ne sale le scale o le persone in posa per la foto ricordo. Una povera casa, scrostata, agghindata con tricolore e nastri di alloro. Lasciata «inalterata nel suo ambiente - scrivono gli architetti della creazione di Predappio - a ricordo di una nobiltà di origine, a monito di una vita radicata nel suolo italiano». La creazione di un mito, atto che può non avere tempo se si colgono, assorti nella lettura, frammenti di dialogo di una visitatrice: «... ora non c'è più. Ha fatto degli errori, però ha fatto anche tante belle cose. E' stato un grande statista...».  E nella distrazione un dubbio si affaccia: ma di quale "statista" parla, quello appena dimesso o quello del passato?!

Ci sono anche alcuni reperti del passato: un paio di comodini, un letto di metallo e il busto di Alessandro, donato nel 1927 dal comune di Vibo Valentia. Apriti cielo, altre polemiche. Maurizio Viroli, docente di teoria politica all'Università di Princeton, ha detto a un quotidiano locale che «i neofascisti non hanno bisogno di altri luoghi per radunarsi e per esprimere le loro idee che offendono la costituzione e la coscienza degli uomini liberi». Frassineti le ha liquidate con un «chi si spaventa da due arredi deve farsi guardare da un buon dottore». Due arredi che possono riservare però anche una piccola soddisfazione. La testa rasata che ha visitato la mostra ha trovato il busto di un Mussolini, sì, ma Alessandro: fabbro, socialista e internazionalista.

Pubblicato su l'Unità - Culture, pag 43

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Chi si ricorda di Predappio? La memoria ingombrante della città natale di Benito Mussolini.

29 Dicembre, 2011 - 17:58

Può un paese essere ammalato di nostalgia? Sì, se quel paese si chiama Predappio. Ma non è il "desiderio struggente di un ritorno" che ci raccontano i dizionari: sono le macchiette che inchiodano la città ad una data, una nascita, un mito artificiale alimentato dalla macchina propagandistica del ventennio, diventate grottesco merchandising nei tre - negozi - tre di souvenir fascisti, il primo dei quali da il benvenuto entrati in paese. Un legame che nega a Predappio qualcosa di più dell'essere la città natale di Benito Mussolini. O anche di meno: magari solo un tranquillo, piccolo borgo appenninico. Ci stanno provando, i predappiesi, ad essere "Città del Novecento". Di TUTTO il novecento. Ma «siamo legati indissolubilmente al nome di Mussolini, negarlo non si può - dice il sindaco Giorgio Frassineti - cosa dobbiamo fare, nasconderci?»

Non si può. «Quando andiamo in Sicilia e diciamo di dove siamo ci guardano con due occhi così», racconta Frassineti, con una veemenza e un'ironia che lo fa assomigliare all'assessore Cangini di Paolo Cevoli. Per non parlare del maestro di sci altoatesino: «saputo da dove venivo si è arrabbiato ed è andato via senza neanche salutare! Ma sarà colpa nostra se Mussolini è nato qui?!» Non va meglio con quelli «che si appuntano la medaglietta di antifascisti al petto. In 250 mi hanno attaccato alla Casa Artusi, quando hanno organizzato "A cena col Duce". Anche questi sono nemici di Predappio, sono l'ignoranza, i pregiudizi, padre Tam: sono quelli che vengono qui a prendere e basta. Predappio è sfruttata, anche dai negozi. Cosa c'entriamo noi con i tanga "boia chi molla"? E' questo che ci rappresenta? Io penso a Predappio invece come alle città sottili di Italo Calvino: "è inutile stabilire se sia da classificare tra le città felici o infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare forma ai loro desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare le città o ne sono cancellati". Predappio è come Zenobia».

Non si potranno contrastare i 100mila nostalgici che affollano la città sopratutto nelle tre date "mussoliniane": nascita 29 luglio, morte 28 aprile, e ascesa al potere 28 ottobre. Toccherà convivere con le teste... rasate che gironzolano in maglietta, jeans, bretelle e Dr Martens vintage 1914, gli anfibi "must-have" di ogni skin head. Ma si può tentare di ristabilire che a Predappio c'era un prima e ci sarà un dopo. Nasce così «Predappio città del Novecento», mostra iconografica che parte «dalla casa di Alessandro Mussolini, fabbro socialista e internazionalista», prima che casa natale di Benito. E da Dovìa, nome del borgo dove sorge, quando Predappio non esisteva, creata ex novo dopo una frana (e l'ascesa al potere del suo infausto figliolo) come Carbonia, Littoria (ora Latina) e le altre città celebrative: «doveva propagandare il mito della nascita dell'uomo nuovo» ricorda Frassineti.

Ogni sabato e domenica e festivi, fino al 29 gennaio (ingresso 5 euro, ridotti 3), fotografie di predappiesi, materiali dall'Archivio Storico dell'Istituto Luce, girati o fotografati durante il ventennio, compreso il documentario censurato di Luciano Emmer del 1941, "La sua terra". E poi  foto scattate dalle truppe di liberazione custodite dall'Imperial War Museum, in un percorso che si snoda su due piani, curato da Elisa Giovannetti e Raffaella Biscioni, i testi supervisionati dallo storico Vittorio Emiliani. Il tutto sostenuto da un nutrito comitato scientifico con, tra gli altri, i docenti Roberto Balzani e Maurizio Ridolfi, che i lettori de L'Unità ricorderanno come promotori della petizione per salvaguardare la memoria del 25 aprile e delle feste civili, l'estate scorsa, dal "taglio" del governo Berlusconi.

La mostra segue le tappe della creazione dei due miti del ventennio intorno a Predappio: la città e la casa natale del Duce. Con il re e imperatore che ne sale le scale o le persone in posa per la foto ricordo. Una povera casa, scrostata, agghindata con tricolore e nastri di alloro. Lasciata «inalterata nel suo ambiente - scrivono gli architetti della creazione di Predappio - a ricordo di una nobiltà di origine, a monito di una vita radicata nel suolo italiano». La creazione di un mito, atto che può non avere tempo se si colgono, assorti nella lettura, frammenti di dialogo di una visitatrice: «... ora non c'è più. Ha fatto degli errori, però ha fatto anche tante belle cose. E' stato un grande statista...».  E nella distrazione un dubbio si affaccia: ma di quale "statista" parla, quello appena dimesso o quello del passato?!

Ci sono anche alcuni reperti del passato: un paio di comodini, un letto di metallo e il busto di Alessandro, donato nel 1927 dal comune di Vibo Valentia. Apriti cielo, altre polemiche. Maurizio Viroli, docente di teoria politica all'Università di Princeton, ha detto a un quotidiano locale che «i neofascisti non hanno bisogno di altri luoghi per radunarsi e per esprimere le loro idee che offendono la costituzione e la coscienza degli uomini liberi». Frassineti le ha liquidate con un «chi si spaventa da due arredi deve farsi guardare da un buon dottore». Due arredi che possono riservare però anche una piccola soddisfazione. La testa rasata che ha visitato la mostra ha trovato il busto di un Mussolini, sì, ma Alessandro: fabbro, socialista e internazionalista.

Pubblicato su l'Unità - Culture, pag 43

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«I miei primi 40 mesi»: la deputata riminese Elisa Marchioni presenta il volume che raccoglie gli atti parlamentari dal 2008

18 Dicembre, 2011 - 21:10

«Una testimonianza del percorso politico che ha preparato in qualche modo l’attuale situazione di governo», e anche «una raccolta parziale ma utile per sintetizzare una parte del lavoro di parlamentare svolto» e infine, un modo per rendere conto dell’attività svolta «tutto ciò che è nato dall’ascolto di chi vive nel territorio e che ho portato a Roma, alla Camera dei deputati o nel confronto con il Governo». Ha molte sfaccettature il volume “I miei primi 40 mesi” di Elisa Marchioni, (scarica il pdf del libro) che raccoglie la sua attività parlamentare dall’elezione nelle liste del Partito Democratico, nell’aprile 2008 ad oggi. Duecento otto pagine che raccolgono, a cura del giornalista Enrico Rotelli, «I progetti di legge presentati, i progetti di legge cofirmati, le interpellanze, le interrogazioni, gli ordini del giorno e gli interventi significativi alla Camera dei Deputati durante la prima metà della XVI Legislatura».

Lo ha presentato all’indomani del voto della manovra del governo Monti, «uno scenario che era fantascienza ipotizzare nel 2008 – ha detto Elisa Marchioni – quando mi sono trovata, dall’opposizione, di fronte alla la più grande maggioranza mai uscita dalle urne italiane, una maggioranza mai così numerosa dal dopoguerra. Una raccolta che è un racconto parziale, perché mancano la politica gli incontri, le persone, l’attività di partito, le assemblee i circoli… ma utile – dice Elisa Marchioni a proposito del volume – perché spiega almeno parte del percorso politico. E’ una raccolta di atti: le leggi presentate, tutte, con lo spirito però «di presentare quelle effettivamente che potenzialmente possano essere approvate». Approvata è stata infatti la legge sottoscritta con altri colleghi, per il passaggio dei 7 comuni dell’Alta Valmarecchia in Emilia Romagna. Tra le proposte presentate, ricorda «la legge sui buoni vacanza, uno strumento che in Francia movimenta un miliardo 600 milioni di euro con un meccanismo di benefit che usano le aziende, simile ai buoni pasto, mentre da noi sono uno strumento da appena 5 milioni euro erogato come sussidio. O la riformulazione dell’Enit, un «ente importante ma che non fa nulla e sul quale abbiamo chiesto una commissione d’indagine per come è stata gestita negli ultimi due anni e sulle assunzioni che sono state fatte». Oppure sulla valorizzazione delle banche del tempo, «una realtà di volontariato nata e radicata nel nostro territorio ma presente a macchia di leopardo in tutta Italia».

In modo analitico nel volume ci sono tutte le leggi presentate, complete di relazione accompagnatoria al dispositivo legislativo, i titoli delle leggi cofirmate, E anche tutte le interpellanze e interrogazioni, circa 40, che rappresentano il sindacato ispettivo della deputata riminese, raccolte in singoli capitoli, ciascuno introdotto da una breve illustrazione sia dello strumento parlamentare, sia della valenza che hanno avuto nell’affrontare i problemi del territorio. «Così come i giornalisti colgono nell’ora delle interrogazioni in consiglio comunale “il polso della città” – ha detto il curatore Enrico Rotelli – così in questo volume si possono cogliere i bisogni, le istanze di un intero territorio nei confronti del Governo e del Parlamento e nello stesso tempo le risposte o i silenzi ricevuti».

Tra le azioni di sindacato ispettivo Elisa Marchioni ricorda quelle riguardanti i lavoratori – frontalieri di San Marino, Scm, Ferretti Yacth – quelle rivolte dal mondo della scuola, sui farmaci, sul processo di unificazione della Provincia con i comuni della Valmarecchia, per citarne alcune. «Ma tutte – ha detto Elisa Marchioni – nate dall’ascolto di coloro che vivono le situazioni e che mi hanno portato la loro voce da amplificare a Roma. Una rete creata da attori sociali, associazioni di categoria, dal lavoro dei sindaci e degli amministratori locali. E del mio partito: con i tre segretari provinciali che si sono succeduti in questi tre anni, Andrea Gnassi, Lino Gobbi ed ora Emma Petitti, i segretari dei circoli e i tanti militanti. E una fase importante, ed è fondamentale la trasparenza della nostra azione politica e la capacità di fare squadra, due aspetti che questo testo testimonia».

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«I miei primi 40 mesi»: la deputata riminese Elisa Marchioni presenta il volume che raccoglie gli atti parlamentari dal 2008

18 Dicembre, 2011 - 21:10

«Una testimonianza del percorso politico che ha preparato in qualche modo l’attuale situazione di governo», e anche «una raccolta parziale ma utile per sintetizzare una parte del lavoro di parlamentare svolto» e infine, un modo per rendere conto dell’attività svolta «tutto ciò che è nato dall’ascolto di chi vive nel territorio e che ho portato a Roma, alla Camera dei deputati o nel confronto con il Governo». Ha molte sfaccettature il volume “I miei primi 40 mesi” di Elisa Marchioni, (scarica il pdf del libro) che raccoglie la sua attività parlamentare dall’elezione nelle liste del Partito Democratico, nell’aprile 2008 ad oggi. Duecento otto pagine che raccolgono, a cura del giornalista Enrico Rotelli, «I progetti di legge presentati, i progetti di legge cofirmati, le interpellanze, le interrogazioni, gli ordini del giorno e gli interventi significativi alla Camera dei Deputati durante la prima metà della XVI Legislatura».

Lo ha presentato all’indomani del voto della manovra del governo Monti, «uno scenario che era fantascienza ipotizzare nel 2008 – ha detto Elisa Marchioni – quando mi sono trovata, dall’opposizione, di fronte alla la più grande maggioranza mai uscita dalle urne italiane, una maggioranza mai così numerosa dal dopoguerra. Una raccolta che è un racconto parziale, perché mancano la politica gli incontri, le persone, l’attività di partito, le assemblee i circoli… ma utile – dice Elisa Marchioni a proposito del volume – perché spiega almeno parte del percorso politico. E’ una raccolta di atti: le leggi presentate, tutte, con lo spirito però «di presentare quelle effettivamente che potenzialmente possano essere approvate». Approvata è stata infatti la legge sottoscritta con altri colleghi, per il passaggio dei 7 comuni dell’Alta Valmarecchia in Emilia Romagna. Tra le proposte presentate, ricorda «la legge sui buoni vacanza, uno strumento che in Francia movimenta un miliardo 600 milioni di euro con un meccanismo di benefit che usano le aziende, simile ai buoni pasto, mentre da noi sono uno strumento da appena 5 milioni euro erogato come sussidio. O la riformulazione dell’Enit, un «ente importante ma che non fa nulla e sul quale abbiamo chiesto una commissione d’indagine per come è stata gestita negli ultimi due anni e sulle assunzioni che sono state fatte». Oppure sulla valorizzazione delle banche del tempo, «una realtà di volontariato nata e radicata nel nostro territorio ma presente a macchia di leopardo in tutta Italia».

In modo analitico nel volume ci sono tutte le leggi presentate, complete di relazione accompagnatoria al dispositivo legislativo, i titoli delle leggi cofirmate, E anche tutte le interpellanze e interrogazioni, circa 40, che rappresentano il sindacato ispettivo della deputata riminese, raccolte in singoli capitoli, ciascuno introdotto da una breve illustrazione sia dello strumento parlamentare, sia della valenza che hanno avuto nell’affrontare i problemi del territorio. «Così come i giornalisti colgono nell’ora delle interrogazioni in consiglio comunale “il polso della città” – ha detto il curatore Enrico Rotelli – così in questo volume si possono cogliere i bisogni, le istanze di un intero territorio nei confronti del Governo e del Parlamento e nello stesso tempo le risposte o i silenzi ricevuti».

Tra le azioni di sindacato ispettivo Elisa Marchioni ricorda quelle riguardanti i lavoratori – frontalieri di San Marino, Scm, Ferretti Yacth – quelle rivolte dal mondo della scuola, sui farmaci, sul processo di unificazione della Provincia con i comuni della Valmarecchia, per citarne alcune. «Ma tutte – ha detto Elisa Marchioni – nate dall’ascolto di coloro che vivono le situazioni e che mi hanno portato la loro voce da amplificare a Roma. Una rete creata da attori sociali, associazioni di categoria, dal lavoro dei sindaci e degli amministratori locali. E del mio partito: con i tre segretari provinciali che si sono succeduti in questi tre anni, Andrea Gnassi, Lino Gobbi ed ora Emma Petitti, i segretari dei circoli e i tanti militanti. E una fase importante, ed è fondamentale la trasparenza della nostra azione politica e la capacità di fare squadra, due aspetti che questo testo testimonia».

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Il Centro Pio Manzù rende omaggio al secolo delle donne. Nella tre giorni di Rimini premiata la città di Fukushima

20 Ottobre, 2011 - 19:49

Un Pio Manzù dedicato al futuro e alle donne: dopo numerose testimonianze di successi al femminile che hanno costellato le passate edizioni, quest'anno le giornate di studio riminesi vaticinano un secolo "XXI Femminile. Dal secolo breve al secolo delle donne. Risposte di genere al futuro dell'umanità". Questo il titolo della tre giorni che si apre a Rimini venerdì 21 ottobre per concludersi il 23 con il conferimento delle onorificenze del Presidente della Repubblica italiana e del Centro Pio Manzù a personalità distintesi per cultura o per il loro contributo al progresso civile e sociale. Tra queste Ngozi-Okonjo Iweala, ministro dell'Economia della Nigeria, la giornalista Milena Gabanelli, Shulamith Koenig, fondatrice del People's Movement for Human Rights Learning. Con un'eccezione: la medaglia d'oro attribuita alla città di Fukushima: «Tutto il mondo è rimasto ammirato di fronte al dolore composto delle vittime, alla determinazione al soccorso e alla volontà di rinascita».

Quattro i laboratori proposti: se «il Novecento ha sancito la rilevanza della condizione femminile che, a poco a poco, è cresciuta sino a diventarne un tema centrale e una delle grandi conquiste, il XXI secolo, sarà "donna" perché nei decisori - uomini e donne - è presente la nuova consapevolezza dei diritti di genere». Al teatro Novelli, dove avranno sede tutti gli incontri, si inizia con «Dalla ‘mater familias' alla teoria di genere», venerdì 21 ottobre alle 9, con la tunisina Fethi Benslama Direttore di Scienze Cliniche Umane - Università Paris VII - Denis Diderot, la storica Giulia Galeotti, l'ex ministro Linda Lanzillotta e l'amministratore delegato della Luisa Spagnoli spa Nicoletta Spagnoli.

Nel pomeriggio «Salute, istruzione, empowerment femminile: scenari del nuovo Millennio», con Laura Frati Gucci, presidente Associazione imprenditrici e Donne Dirigenti D'Azienda, Mary Akrami cofondatrice del Centro di sviluppo per le donne dell'Afghanistan, Jayati Ghosh, docente di Economia all'Università di Jawaharlal Nehru, Nuova Delhi, Rasmata Kabre (Burkina Faso) Fondatrice dell'Associazione per la Promozione dei Gruppi Femminili.

Sabato 22 la sessione mattutina parte dal un dato drammatico: dal 40 al 70% delle donne uccise in Australia, Canada, Israele, Sud Africa e Stati Uniti è morta per mano di mariti o fidanzati. «Della violenza alle donne: le culture e le ortodossie del disprezzo», con la giornalista Valeria Palumbo, Alessandra Bagnara (Donne in rete contro la violenza), Nusha Yonkova della European Women's Lobby, Marcello Flores d'Arcais, Maria Rita Parsi, Souheir Katkhouda, presidente dell'Associazione Donne Musulmane d'Italia e la giornalista Stella Pende

Nel pomeriggio «Oltre l'asimmetria dei ruoli, dal diritto al dovere della leadership», con Marie C. Wilson, il tenente Marina Catena (del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite in Francia), Evelina Christillin, presidente Fondazione del Teatro Stabile di Torino, e l'economista Fiorella Kostoris.

Pubblicato su l'Unità - Culture, pag 43

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Il Centro Pio Manzù rende omaggio al secolo delle donne. Nella tre giorni di Rimini premiata la città di Fukushima

20 Ottobre, 2011 - 19:49

Un Pio Manzù dedicato al futuro e alle donne: dopo numerose testimonianze di successi al femminile che hanno costellato le passate edizioni, quest'anno le giornate di studio riminesi vaticinano un secolo "XXI Femminile. Dal secolo breve al secolo delle donne. Risposte di genere al futuro dell'umanità". Questo il titolo della tre giorni che si apre a Rimini venerdì 21 ottobre per concludersi il 23 con il conferimento delle onorificenze del Presidente della Repubblica italiana e del Centro Pio Manzù a personalità distintesi per cultura o per il loro contributo al progresso civile e sociale. Tra queste Ngozi-Okonjo Iweala, ministro dell'Economia della Nigeria, la giornalista Milena Gabanelli, Shulamith Koenig, fondatrice del People's Movement for Human Rights Learning. Con un'eccezione: la medaglia d'oro attribuita alla città di Fukushima: «Tutto il mondo è rimasto ammirato di fronte al dolore composto delle vittime, alla determinazione al soccorso e alla volontà di rinascita».

Quattro i laboratori proposti: se «il Novecento ha sancito la rilevanza della condizione femminile che, a poco a poco, è cresciuta sino a diventarne un tema centrale e una delle grandi conquiste, il XXI secolo, sarà "donna" perché nei decisori - uomini e donne - è presente la nuova consapevolezza dei diritti di genere». Al teatro Novelli, dove avranno sede tutti gli incontri, si inizia con «Dalla ‘mater familias' alla teoria di genere», venerdì 21 ottobre alle 9, con la tunisina Fethi Benslama Direttore di Scienze Cliniche Umane - Università Paris VII - Denis Diderot, la storica Giulia Galeotti, l'ex ministro Linda Lanzillotta e l'amministratore delegato della Luisa Spagnoli spa Nicoletta Spagnoli.

Nel pomeriggio «Salute, istruzione, empowerment femminile: scenari del nuovo Millennio», con Laura Frati Gucci, presidente Associazione imprenditrici e Donne Dirigenti D'Azienda, Mary Akrami cofondatrice del Centro di sviluppo per le donne dell'Afghanistan, Jayati Ghosh, docente di Economia all'Università di Jawaharlal Nehru, Nuova Delhi, Rasmata Kabre (Burkina Faso) Fondatrice dell'Associazione per la Promozione dei Gruppi Femminili.

Sabato 22 la sessione mattutina parte dal un dato drammatico: dal 40 al 70% delle donne uccise in Australia, Canada, Israele, Sud Africa e Stati Uniti è morta per mano di mariti o fidanzati. «Della violenza alle donne: le culture e le ortodossie del disprezzo», con la giornalista Valeria Palumbo, Alessandra Bagnara (Donne in rete contro la violenza), Nusha Yonkova della European Women's Lobby, Marcello Flores d'Arcais, Maria Rita Parsi, Souheir Katkhouda, presidente dell'Associazione Donne Musulmane d'Italia e la giornalista Stella Pende

Nel pomeriggio «Oltre l'asimmetria dei ruoli, dal diritto al dovere della leadership», con Marie C. Wilson, il tenente Marina Catena (del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite in Francia), Evelina Christillin, presidente Fondazione del Teatro Stabile di Torino, e l'economista Fiorella Kostoris.

Pubblicato su l'Unità - Culture, pag 43

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"Schindler's list" a rovescio per i lavoratori Scm. Rimini, 45 operai in cig a 0 ore prima del licenziamento. C'è chi è invalido

2 Ottobre, 2011 - 13:05

Gli operai in sciopero l'hanno chiamata «Schindler list» sui cartelli, «esuberi strutturali» invece li ha chiamati l'Scm group, azienda metalmeccanica di macchinari e sistemi per il legno: la più grande di Rimini, suo terzo fiore all'occhiello nella proiezione mondiale, dopo Fellini e la spiaggia. Sono 45 tra operi e impiegati che l'azienda in crisi non vuole più, e che dall'ultima contrattazione sono in Cassa integrazione straordinaria a 0 ore per 12 mesi. Non a rotazione come gli altri. Una lista però si è trovata - dicono - ricopiata da un file: una serie di nomi e accanto «limitato», «assenteista», «distratto», «inconstante», altri nomi con un pallino rosso o nero. Come se non bastasse il clima di preoccupazione che si è instaurato tra i 1734 dipendenti - e le pressioni - da quando il gruppo leader nel mondo non macina più fatturati da 646 milioni con utili da 36.

Cambia la struttura manageriale e inizia la ristrutturazione: da aggregato di 16 aziende - gran parte concorrenti in crisi assorbite negli anni - a gruppo con risorse integrate. L'impresa che assorbiva i diplomati tecnici di Rimini prelevandoli dai banchi di scuola trova 530 esuberi: occorre eliminare le strutture doppie, centralizzare servizi, chiudere uffici. Trecento verranno assorbiti dal blocco del turn-over, pensionamenti, esaurimento dei contratti. L'ultima scrematura, i 45 «esuberi strutturali» seguono invece un'altra trafila. «Hanno chiamato tutti quelli a Cig a 0 ore. Prima mi hanno proposto un esodo, poco più di 8 mila euro - racconta Stefano Ridolfi, 42 anni, dal 1995 in Scm. Qualche anno prima un incidente stradale gli lascia un invalidità del 67%, ora deve accudire la madre completamente invalida. «Gli ho spiegato la situazione al responsabile del personale, il dott. Masedu, mi ha risposto che poteva essere una soluzione andare via. Ho provato a cercare, ma alla mia età e con la specializzazione che ho costo troppo. Allora mi ha proposto di andare in fonderia, ma lo sanno bene che non è compatibile con la mia disabilità» In pratica, spiega, è come accompagnarlo alla porta, aspettando che esca da solo. E non è l'unico dei 45 ad avere un'alta percentuale di invalidità.

«A me hanno proposto di rimanere ma abbassandomi di livello e togliendomi i benefit accumulati in tanti anni: un taglio secco del 40% dello stipendio - racconta Renzo Giulianelli: 52 enne. Dirigeva un settore con 6 persone in un'azienda del gruppo. Venuto meno il direttore sotto il quale è cresciuto, hanno accorpato l'azienda ad un'altra e il suo ruolo, per il nuovo dirigente, è diventato un doppione. Zac. «Mi mancano 5 anni alla pensione, ho risposto che non la metto a rischio rinunciando a quanto conquistato. Allora mi hanno proposto l'esodo, mi scrivevano una bella lettera di presentazione. E dove pensano che mi prendano con la loro lettera, a 52 anni? Sono in Scm da tanti anni, ero orgoglioso come tutti di lavorarci, era un fiore all'occhiello, un'azienda a livello familiare, un clima amichevole dove si faceva sussidiarietà. Poi sono arrivati questi dal nord, bocconiani, che si son messi a tagliare le teste. Gliel'ho detto al colloquio: sembra il protagonista di quel film: "Volevo solo dormirle addosso". Ha sorriso».

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