Un calice di Calvados

Quando sono partito lo sai: ho saltato a piè pari la tua consegna. Poi mi sono immerso nell'apnea del viaggio, lungo le autostrade che mi portavano via da Rimini, te compresa. Un po' mi è spiaciuto, me ne rendevo conto quando canticchiavo con più vigore un pezzo o quando affondavo il gas per superare un'auto che mi avrebbe, poi, distanziato. Chose comme ça.

Da Chambery, passato il Frejus, ho preso la strada a mattino inoltrato, verso Lione, grigia di nuvole e di pioggia. Man mano che la strada per Parigi si accorciava, i monti si sono arrotondati, le colline hanno lasciato lo spazio alla campagna mietuta, a larghe chiazze boscosa. Dolce, anche se trafitta dall'asfalto. Correvo, correvo, ma i cartelli mi restituivano sempre troppi chilometri. Il tempo si stava dilatando, cominciavo ad essere stanco, un po' nervoso, accendevo il cellulare per prendere una foto – troppo tardi, il soggetto era già passato – per spegnerlo quando arrivava un messaggio indesiderato.

A Parigi, mi infilo nel reticolo degli svincoli. Accendo il Tom tom e faccio dentro e fuori nei tunnel che la circumnavigano. Mi viene in mente Fino alla fine del Mondo di Wenders, e non mi sento per niente straniato e spaesato, son tutti luoghi che ho già visto, magari a Milano, Roma, cambiano le parole, forse, ma qui o altrove non fa differenza, è tutto così normale. Magari, se c'eri tu, col tuo francese, potevano diventare luoghi ancora più familiari. Oppure non li avrei neanche notati, con lo spazio dell'auto denso di te. Chissà.

Mentre passavo dalla Defence, arriva un messaggio, anonimo, qualcuno che mi chiede quando può passare a prendere un libro. Gli rispondo, un occhio al cellulare, l'altro all'auto di fronte: "Sono a Parigi, chi sei?". Cosa sa che sto attraversando solo la Periferia, che la lascerò intonsa, Parigi, magari per un'occasione amorosa? Sì, mi do un'altra chances, non sono ingordo e non credo che debba essere consumata come al fast food: "desidera prego"? Parigi, grazie. "Parigi menù maxi o medio? Sa che risparmia tot euro?"

Di nuovo monti, boscosi, dolci, illuminati a tratti da un sole un po' malato, di maltempo che imperla il parabrezza. Lascio la centrale nucleare per il parco naturale annesso, mentre sorrido di questa macroscopica foglia di fico, pecetta naturale alla nostra civiltà. La strada scorre ancora noiosa, diventa un po' più familiare per la forma delle case, dei cottage come ne vedo migliaia in Scozia: tetto spiovente in ardesia, i comignoli ai lati. Cambiano un po' le finestre. Ho voglia di arrivare, anche se non ho deciso dove: Rouen, Le Havre, Caen? Leggendo il depliant mi rendo conto che la Regione merita tanti giorni, settimane, forse una vita intera, non quei pochi che scorro sulla dita della mano. E decido che, come con Parigi, questo è solo un assaggio. Un calice di Calvados, bevuto al ristorante, pensandoti.

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Commenti

non ti facevo così francofono. io che lo sono riconosco il sentimento, l'aria, l'alito di quella terra scivinista, certo, ma accogliente. mi hai fatto rivivere un'atmosfera mia e ora che è anche tua, nostra, non mi spiace affatto. prova, più avanti, e non è necessario ci debba essere il caldo d'agosto, altre parentesi francesi, più a sud, a ovest proprio nella pancia dell'atlantico magari inerpicandoti sulle dune di Pylat, o a nord ovest. fai tu. non te ne pentirai.

Sì, credo che il caldo d'agosto, anche se non è stato costante, non doni a quei posti. I giorni di pioggia, con quel cielo che sembra non finire mai, così denso di nuvole, come quando da noi c'è il Garbino, o il Grecale che lo spazza via, sembra il tempo che dà fascino a quei (pochi) posti che ho visto. Un po', però, ho pensato alla Camargue, che a te piace molto, vista in un giorno di tempesta, la spiaggia e Agues Mortes erano bellissime. E ho rimpianto la Provenza, e non solo per il cibo.