Notarelle sparse sulla manifestazione di piazza in solidarietà a Parigi di Rimini
Ho apprezzato molto la sobrietà della manifestazione riminese. Una scelta non scontata e che in altri contesti – social ma sopratutto politici in ambienti lontani da me – non è stata utilizzata. Il cortocircuito di un simile caos di sangue, paure, notizie e pregiudizi in questo nostro tempo può innescare derive bestiali. Eravamo in molti a testimoniarne la non accettazione.
Scendevo in piazza dopo molto tempo, con il timore latente di trovarmi nel dejavù di mille e mille manifestazioni, i cui volti erano assimilati a questa o quella posizione. Mi ero riservato di non accettarlo, ritagliandomi una solitaria testimonianza in un angolo della nostra bella piazza, quasi uscita da un quadro di De Chirico. La porzione della mia città raggiunta dal tam tam ha scelto di rendere la dolorosa occasione un luogo di convergenza di umani intenti piuttosto che di differenze. Chi ha convocato cosa – corpi intermedi, istituzioni laiche e religiose, Movimento CL, partiti – è passato in secondo piano, chi ha parlato ha interpretato le indefinibili forme dello sgomento che ci ha portato a riunirci, collante di diversità talvolta contrastanti.
Mi ha fatto piacere, in questo contesto, il prefetto che ha testimoniato di portare la vicinanza del Governo. Sembra una frase fatta, ma a pensarci bene, quale era ieri il minimo comune denominatore delle tante entità in piazza? E poi il vescovo Francesco, che ha parlato di non arrendersi al nichilismo di una frase letta su un muro, «Produci consuma crepa». Probabilmente senza saperlo, ha citato IL gruppo punk italiano per eccellenza, CCCP, che nel 1986 invitava con la canzone Morire proprio a quel che auspicava ieri. Come diceva Calvino, un classico “non ha finito di dire quel che ha da dire”.