Pagina bianca

Aveva aperto un blog terapeutico: questo mi aveva colpito di lui, "beccandolo" sul web: aveva usato i miei stessi termini, blog terapeutico, ma per una situazione decisamente più critica. Non ci andavo spesso, leggere le sue storie era difficile, non per un fatto letterario, ma per quello che ci metteva dentro: sé stesso. Un cuore a pezzi, disilluso, sfasciato da una storia che aveva perso il proprio capo senza una ragione plausibile e che ora aveva solo una coda, drammatica: ricostruire una vita a partire da tutto, ma senza l'organo che l'alimenta. Ha cominciato a raccontare di come questo capo si è dissolto, registrando i segnali, alla rinfusa, una lettera vista per caso, un messaggio arrivato al numero sbagliato, un dialogo quando ormai tutto stava tracimando nel nosnsenso, in caduta libera, con le ragioni che nascevano dal nulla. Leggendolo, ho tratto di lui questa immagine: seduto su un masso col computer in grembo, avvolto nella polvere, che cerca di capire a crollo avvenuto come sia successo, digitando lo sgretolarsi di una finestra, del portone, di un cornicione, il rotolare dei coppi sulla strada e infine il boato. In mezzo alla polverone, ripercorrere tutto, studiare questo dolore, riunendo i tasselli così come vengono alla memoria, un pezzettino alla volta a casaccio. Nel caos. Non lo leggevo con piacere, colpa dell'empatia: entravo in quei testi e percepivo un dolore, il suo, acuto, troppo acuto per riuscire a sostenerlo, anche solo da spettatore. Lo sentivo strappare brandelli del suo corpo, frugandosi dentro per estrarre metastasi di vita, metterle sulla tastiera, ordinarle alla sua vista, esporle alla mercé di chi visita. "Se mi vedeste, col volto sfatto della mia letteratura" scriveva Jenet. Ma lui, l'anonimo, non voleva fare letteratura. Non l'ho linkato dal mio blog: provavo pudore, rispetto, e non me la sono sentita di indirizzare su quelle pagine altri sguardi, bastava la casualità dei motori di ricerca o la sua volontà per farlo. Io non ne avevo il diritto. Ci sono tornato qualche giorno fa e ho trovato un nuovo post, dei vecchi non c'era traccia, parlava di un nuovo corso, di come stava cambiando gli argomenti. Ho pensato che il suo cuore ricominciava a pompare. Oggi, tornando, ho trovato una pagina bianca. Non la 404: "la pagina che cerchi non è più qui", niente errore, solo bianca. La pagina che cerchi è lì, ma senza una parola, solo il titolo di ciò che c'era. Un refolo, o un acquazzone, ha spazzato via la polvere. Non posso sapere dove.

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Commenti

Spiace anche a Me, Felice, davvero una serata persa. Ma il tema del viaggio, a partire dalle suggestioni di Jean Claude Izzo, lo voglio affrontare ugualmente: prossimamente su questo blog.

Ciao Kikko!,

spiacente di non averti visto ieri sera.
Il prossimo appuntamento sarà, come al solito, mercoledì
prossimo.
Tema: la solitudine.

Ciao

P.S.: lo so, sto usando in modo improprio il mezzo, ma ho scordato il tuo indirizzo e.mail.