La città delle vacanza: tutti in fila sotto la Questura

Ieri, nella mia città, hanno arrestato un funzionario di polizia: secondo l'accusa intascava soldi per dare permessi di soggiorno agli immigrati. Sul giornale, oggi, la foto, non c'era. O meglio, si vedeva una figura dentro una macchina della polizia. Quando arrestano qualcuno, di solito, la faccia la mettono su, il tizio sfila ammanettato tra due poliziotti, scendendo le scale della Questura, qualche volta con un foglietto di carta in mano e con quello tenta di darsi un paravento. Fotografi e cameraman stanno sul lato opposto della strada e scattano a raffica: prima o poi, bloccato com'è tra manette e poliziotti, lo beccano in volto. Questa volta no, niente faccia, giusto un'ombra dietro un vetro. Il tizio, secondo l'accusa, insieme ad un impiegato della Questura, “snelliva” le lunghe file che ogni giorno, con il sole o con la pioggia, in estate e in inverno, si snodano, parte allo scoperto, parte sotto un androne, sul fianco della Questura, ufficio Stranieri. File lunghissime. Estenuanti. Alcuni volontari, quando l'inverno era particolarmente duro, portavano agli immigrati the o altri generi di conforto, per riscaldarli.

Poi, davanti alla vetrata dell'ufficio, hanno messo una copertura di un metro, un metro e mezzo, per riparare i primi della fila dalla pioggia. Alcuni amici immigrati mi dicevano che il loro permesso arrivava dopo 6 mesi, e alla fine della fila, quando glielo davano, scadeva un anno e mezzo dopo. Poi di nuovo in fila. Naturalmente, per fare la fila, devi chiedere il permesso dove lavori. Ora che ci penso, agli amici immigrati non ho mica chiesto se il permesso che prendono dal lavoro è pagato oppure no. Però guardando i giornali oggi, mi sono ricordato che ci sono due pesi e due misure: dipende da chi sei e da cosa paghi. A mitigare questa solita verità, ci sono di nuovo le file: fuori dall'ufficio passaporti. Questa però in estate. Chi deve fare o rinnovare il passaporto sta in fila sul corso, e aspetta il suo turno. Per andare in vacanza.

Anche gli immigrati da noi fanno la vacanza. Da molti anni. Davvero, la fanno loro, la vacanza: quella degli altri. Se vai in un ristorante tipico di pesce riminese, uno dei più vecchi e reputati, in cucina ci trovi senegalesi e cinesi. Ma mica i riminesi e i turisti hanno smesso di andarci, anzi. Lo sanno tutti che in cucina ci sono gli extracomunitari. Se per strada ti chiedono “scusi, dove si mangia bene il pesce?” te gli dici, guarda, dopo il ponte vai lì oppure vai là. Ieri sera ci stavo andando anche io, ma la tipa con me non se la sentiva. Mica per il mangiare. Per i prezzi. Però, prima di entrare nell'altro ristorante, un po' si era pentita. Perché il pesce è davvero buono, nell'altro posto. Ma ci siamo accontentati: per un piatto di vongole, cosa vuoi che sia... Un po' più in là, c'è un ristorante tipico, molto reputato. Anche lì, se passi dalla cucina, sotto il cappello bianco non è detto che ci trovi un cuoco caucasico – nel senso di bianco, come si dice nei telefilm. Magari viene da non so dove, ma a me mi piace la piadina che fanno lì e i primi e tutto il resto. E se voglio mangiare con qualcuno un po' speciale, vado lì. Se vai invece al Grand Hotel, al bar ti serve una ragazza rumena. E' gentile. Fino a qualche mese fa era extracomunitaria. Poi hanno allargato l'Unione europea ma la differenza, quando prendo il caffé, mica si nota. Negli altri 1200 alberghi di Rimini, in cucina, in sala, a ripulire le camere, ci lavorano un po' tutte le razze. In piazzetta, invece, nella tavernetta “madre di tutte le tavernette” ai tavoli ti serve una brasiliana. E prima di lei c'era un'argentina. Anche nella piazzetta lì vicino, dove hanno rinnovato una cantinetta, c'è una extracomunitaria in cucina. L'ho vista una sola volta. Ma mica lo so perché ha la pelle diversa. Lo so perché il padrone della cantinetta, un giorno, mentre andavo a comprare i libri da Mirco, le ha cacciato una ronzata di quelle che ti fanno alzare la testa per sentire da dove viene quel casino. “Perché qui si lavora come dico io, hai capito? E se non ti sta bene, te ne torni di là, a casa tua. Tanto ce ne sono tanti. Perché nella piadina, prima si mette il prosciutto tagliato che c'è disotto, poi ne tagli dell'altro. E non devi rompere i coglioni, se ti sta bene è così, se no, aria”. Ed era difficile non sentirlo, parlava al balcone della cantinetta, al piano di sopra, e questa poretta guardava giù, nella piazza, dove c'era la gente ai tavoli per il caffé e io che guardavo su, a lei e a quell'animale, che non l'ho visto in faccia, ma le parole che si spandevano nella piazza le conoscevo, eccome, erano gli squittii di quelli che quando umiliano si sentono un po' migliori. E anche io mi sono sentito un po' stronzo, quando gli sguardi della ragazza e mio si sono incrociati. E allora sono entrato da Mirco, che c'ha i doppi vetri e l'aria condizionata e non si sente niente di fuori, solo il fruscio dei libri. E quello della cantinetta rinnovata, col cavolo che ci vado più.

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Commenti

Bravo! Sciopero della piadina. Approvo. Anche perchè la piadina fatta da uno stronzo mi sa che non ha un buon sapore, no.