«Ci siamo»: l'Unità (ci e mi) regala qualche ragionevole motivo di orgoglio
Oggi è uscita la nuova "L'Unità". Il titolo principale è "Ci siamo". Parla della manifestazione del Pd a Roma, ma non io l'ho letto così. L'ho letto come dichiarazione del giornale, uscito con un nuovo formato, una nuova veste grafica e, sfogliandolo, con un nuovo spirito. Quel "Ci siamo" mi ha emozionato, perché mi comprendeva: pagine 44 e 45, l'intervista a Miguel Benasayag , la prima cosa che sono andato cercare. Un po' infantile, lo so. Ma sapevo del lavorio intorno alla nuova edizione, che sarebbe uscito il 25 ottobre, avevo quindi questa duplice attesa, che covava sotto la rilassatezza che accompagna i lavori fatti e spediti, e quindi archiviati nel passato, ormai inesistenti all'oggi e al domani.
Ma questa volta no. Stanotte l'ultimo pensiero era a come sarebbe stata impaginata l'intervista. Non è vero, l'ultimo pensiero era la paura che potesse saltare, nel vortice delle notizie che arrivano in redazione. Può succedere, è capitato, capita in ogni foglio stampato. Stamattina si sono dissolte le mie paure: dietro quell'orgoglioso "Ci siamo" della prima pagina c'è anche il mio, di orgoglio. Non per il pezzo. Almeno, non solo. La striscia rossa sotto la testata è dedicata al suo fondatore, Antonio Gramsci. Scriveva in una lettera per la fondazione del giornale:
«Il giornale non dovrà avere alcuna indicazione di partito. Dovrà essere un giornale di sinistra. Io proporrei come titolo l'Unità puro e semplice che sarà un significato per gli operai e avrà un significato più generale»
Ecco, anche per questo c'è orgoglio. E condivisione. E poi c'è il nuovo formato. Davvero nuovo, davvero nel passato, davvero nel futuro. Un po' giornale, un po' pagina web. Una premessa di novità. Una promessa di novità. Della quale essere orgogliosi.
Un piccolo post scriptum, a proposito di lavoro - il pezzo sull'Unità, ma anche in generale- che sento connesso con quanto sopra, ma non so come. Lo rubo a Marlow, il capitano che usa Joseph Conrad nei suoi romanzi come alter ego. Qui siamo in Cuore di Tenebra:
No, non mi piace il lavoro. Preferirei poltrire pensando a tutte le cose belle che si possono fare. Non mi piace il lavoro - a nessuno piace - ma mi piace quel che c'è nel lavoro - l'occasione di scoprire se stessi. La propria realtà - per sé, non per gli altri - ciò che nessun altro uomo potrà mai sapere. Gli altri possono soltanto vedere l'apparenza, senza poter mai sapere che cosa significhi veramente.
Commenti
Marilena (non verificato)
28 Ottobre, 2008 - 20:58
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Sarà perchè richiama le
Sarà perchè richiama le mie origini, sarà perchè la “leggevo” in tempi non sospetti, sarà perchè finalmente una donna al timone di un giornale nazionale. Mi piace proprio Concita, e mi piace l’inizio della “sua” Unità! Del resto appena nominata, in una delle prime dichiarazioni, citava Almodovar dal film Volver: “La vita è a volte nella pancia delle donne e sempre nelle loro mani, nei ricordi e nell’ostinazione, nella capacità di andare avanti quando tutto si ferma…la vita è femmina”... E ora il restyling, presentato con una campagna coraggiosa, sospetto ispirata a Mary Quant e al concetto “less is more”. Che dire se non che condivido il tuo entusiasmo e il tuo orgoglio. E ovviamente che da agosto compro anche L’Unità :)
Cristella
28 Ottobre, 2008 - 21:08
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io l'ho letto a Roma
Kikko!!!
La prima cosa che abbiano notato, all'ingresso del capolinea della Metro dell'Anagnina, è stata la distribuzione gratuita della nuova Unità. Sabato eravamo lì, io e tutta la Morolli's family (la stessa che tu hai incontrato al tavolo di Harissa qualche mese fa...).
Il tuo articolo mi ha attirato per il naso rosso da clown della fotografia. Per la cronaca: anch'io ne ho uno (naso rosso) in borsetta, ricordo dello stage col dottor Patch Adams, quando venne a Rimini invitato dall'Istituto Oncologico Romagnolo. Ogni tanto lo tocco e lo guardo (il naso rosso) per cercare di ricordare a me stessa che è meglio sorridere che prendersi troppo sul serio e incaz.........
Comunque, il numero del 25 ottobre dell'Unità è il souvenir che ci siamo portati a casa da Roma.
Vista anche la tiratura e la distribuzione massiccia di sabato, capisco e condivido, da collega, il tuo orgoglio. Giustificatissimo.
Con un pizzico di sana invidia, un saluto caro da Cristella (col naso rosso, vista l'occasione...).