Natale all'ipermercato. Ovvero, come vivere in città e sentirsi costantemente in un centro commerciale.

Questo Natale è volato via. L'altro giorno mi sono accorto che appiccicavano le solite luminarie e invece era novembre. La metà, di novembre. Oggi mi accorgo che Natale è dietro l'angolo. Addobbato, al solito, come un ipermercato. La città ogni anno viene illuminata così, nemmeno fosse un Mediaworld o Le Befane. Tocca farlo, senno le associazioni dei commercianti o degli artigiani "tacano" con la rumba delle proteste verso il Comune. Perché poi la comunità si debba fare carico di mascherare la città da centro commerciale proprio non lo capisco. Esiste la Camera di Commercio, nel Cda della quale siedono tutte le sigle e siglette degli imprenditori... trovino loro un accordo e i fondi per rendere questa Rimini natalizia. E poi: va bene aver paura della concorrenza, ma è necessario mascherare il centro come un ipermercato? Che è come dire: prendiamo un luogo, vero, mica di cemento e cartapesta, con una sua storia, delle architetture, un suo tessuto, e trasformiamolo in un non - luogo, senza storia, senza tessuto, senza architetture. Geniale, sì. Ma forse è meglio così: se gestisse qualcun altro gli addobbi, magari il Comune spenderebbe di meno, ma sai che ciofeche verrebbero fuori?

In piazza Cavour c'è la vecchia pescheria. In ogni città della provincia c'è. La nostra è del '700, con i lastroni in pietra d'istria che corrono su due fianchi, lievemente inclinati verso il centro. Una volta le donne dei pescatori ci poggiavano le casse sopra e lanciavano le loro litanie commerciali. Io ero piccolo, ma qualche barlume di memoria paesana mi è rimasto. Ora, le sere, i ragazzi si siedono con il loro bicchiere di vino o di birra, chiacchierano, e in mezzo, c'è lo struscio. E, tutt'intorno alla pescheria, ci sono le cantinette. La città e il contado si danno appuntamento lì, anziché in un'anonima discoteca. Ed è bello.

Ebbene, ogni Natale, OGNI NATALE, la piazzetta della pescheria viene blindata con il plexiglass. Fuori la città, dentro gli artigiani di Cna e Confartigianato, a esporre le loro mercanzie. Ogni Natale la stessa mercanzia. OGNI NATALE. Poi la sera si chiudono le porte a soffietto, e non entra più nessuno. La città espropriata, insomma. Si dirà: è giusto che tutti lavorino. Sì, ho capito, ma proprio lì? Fosse uno spazio non utilizzato, che non ci va nessuno... E poi: mancassero gli spazi pubblici. Perché non sistemarli nei gazebini che vengono allestiti ogni anno lungo il corso d'Augusto e in piazza Tre Martiri, come già avviene con gli altri commercianti? Perché togliere spazi alla socialità? E non parlo della qualità delle esposizioni: qualcuno fa cose simpatiche ed egregie, qualcuno no: ma non è questo il punto. Il punto è: hanno occupato un pezzo della città che ha una sua vita, e che sotto le feste ne ha ancora di più. Ma che viene pigiata fuori. Provare per credere.

E poi perché costellare il cielo cittadino di luci, anche questo è un mistero. Nelle serate terse, vigliacca miseria, non si riesce a vede una stella, di quelle vere. Tutto è ammantato di luci e lucine che scimmiottano la volta celeste: quella che non riusciamo a vedere perché ci sono i falsi che le celano con la loro luce. Come si dice da noi, mi sembra una pataccata. In Scozia, ma anche in qualche parte della nostra campagna, in certe sere ti sembra di esser dentro la volta celeste. Ti senti piccolo piccolo, ma dentro l'universo. In città, a Rimini, ti sembra di essere sempre in una stanza, illuminata a neon o incandescenza. Sempre piccolo piccolo, ma da solo.

Poi, pensandoci bene, 'sta storia dell'inquinamento luminoso non è mica solo natalizia. L'altra sera sono andato a Verucchio, un paese fuori Rimini, 10 chilometri circa, in vetta a una collina. Erano anni che non ci andavo. Guardo giù e ci sono rimasto male: mi sembrava di essere nella prima scena di Blade Runner. Avete presente quegli skyline notturni, quei tappeti di luci di Los Angeles, sterminata mappa elettrica di una megalopoli? He, poco ci mancava. Solo che non siamo una megalopoli. Siamo una sonnacchiosa città di provincia. Almeno, qualche anno fa, se da Verucchio guardavo la mia città riuscivo a riconoscere qualche contorno: le luci del grattacielo, qualche quartiere... Niente, ora è tutto uno sfarfallio.

Lo stesso avviene anche in campagna. Ho abitato per qualche anno in un castello, Albereto, vicino a Montescudo. Il posto era bellissimo: isolato, con le luci del borgo che lo illuminavano fiocamente. Insomma, per viverci o per una passeggiata con una tipa era un posto fantastico. Ti sporgevi dalle mura e vedevi la città. Lontana. Poi, sono arrivati alcuni architetti e hanno fatto la ristrutturazione. Intanto, via gli alberi: tutte pietre. L'estate è un caldo che non si sta. Poi luci dappertutto: lungo le mura, nel paese... Risultato? Una roba indegna: non vedi più lo stesso panorama, anzi, non lo vedi proprio: tutto inquinato di luce. E addio romanticismo.

Vabbé, forse sono palloso. Magari non sono stato contaminato dallo spirito natalizio. Succede. Ma questo spirito natalizio, proprio all'Iper lo devo cercare?

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