Domani sceglierò per il Partito Democratico: dubbi, paure e speranze di uno che crede nella politica non come appartenenza ma co
Domani vado ai seggi. Non solo a votare, come invito chiunque legga queste righe. Vado a fare lo scrutatore in piazza Cavour, a Rimini. Partecipo anche fisicamente a questa strana festa moderna che è la nascita del Partito Democratico. Per tanti motivi. Metterli in fila si farebbe prima, ma preferisco prendermi questo spazio per raccontare, un po' di getto e in modo partigiano – il mio – il senso di un'appartenenza che si stava sfilacciando, per colpa di dinamiche interne che poco hanno avuto a che fare con quello che credo debba essere la politica: partecipazione. Il Pd è un'occasione per riannodare questi fili. Non di colpo, non lo credo, non sono tanto sprovveduto: idealista sì, del tutto patacca no. Ma credo sia un primo passo, coraggioso, anche se venato da qualche indecisione. Le liste bloccate, ad esempio, una occasione sprecata per vagliare chi ha davvero un seguito e chi invece è un quaquaraquà abile a trafficare nei segreti meccanismi di un partito, ma del tutto povero di capacità e seguito sociale. Ma vabbé, non mi posso aspettare ora un “big bang” – che verrà, sì, lo credo fortemente – ma un cambiamento, un po' traumatico e un po' morbido, ci sarà di sicuro.
Ho scelto Veltroni, perché di questo cambiamento è sempre stato un vagheggiatore. E credo possa davvero tirare le fila di tante identità diverse – democratici di sinistra e democratici di matrice cattolica - per trovare insieme un modus operandi che consenta di traghettare davvero l'Italia da quella che viene chiamata la prima Repubblica alla Seconda. E che faccia rinascere quel senso di democrazia – e cittadinanza - che altrove ha solide basi nel quotidiano vivere, mentre qui è ancora un desiderio non compiuto. Perché ancora non ci sentiamo tutti eguali di fronte alla legge, alle istituzioni, e nemmeno lo siamo, finché possono crescere, e prosperare, i furbetti di quartiere. Quanto alle altre candidature - Rosy Bindi, Enrico Letta, Mario Adinolfi, Piergiorgio Gawronsky – non solo le vedo come degne di rispetto quanto quella di Veltroni, ma credo siano salutari: perché la pluralità che il Partito Democratico pretende di avere nel Dna non poteva lasciare al forcipe del plebiscito la sua genesi.
Ci sono compagni che non si presenteranno domani, al voto. Hanno fatto una scelta, per alcuni annunciata, per altri maturata durante il lungo cammino post congressuale, di certo difficile e sofferta. Non sono defezioni, né rinunce, sono energie e idee che ci mancheranno, e che spero di ritrovare accanto.
Cosa mi lascio alle spalle. I democratici di sinistra, intanto. Che non sono solo una sigla, ma qualcosa di più, come sa chi li ha vissuto dall'interno e ne ha visto le evoluzioni. Come sa chiunque si attivi socialmente in un partito o in una associazione. Una esperienza straordinaria, per seguire la quale ho mollato, anni fa, il mestiere di giornalista tout court, per quello del comunicatore, al servizio di idee comuni e, quotidianamente, dei personaggi che occupano, chi qua e chi là, dei ruoli istituzionali. Il primo avvicinamento è stato al XX congresso del Pci, l'ultimo, celebrato a Rimini: volontario in sala stampa a ritagliare gli articoli per la rassegna mattutina. Non ero iscritto al Pci, avevo collaborato come esterno all'Unità, senza prendere alcuna tessera, né mai qualcuno me l'aveva proposta. Non la volevo nemmeno. Nel '92 la presi, la tessera del Pds, un po' dubbioso perché temevo potesse influenzarmi nel mio tentare di essere onesto con i lettori. Nel '96 il saltino, candidato al Consiglio di Quartiere, “reclutato” da Giordano. Un reclutamento che non mi è stato propizio: avrei dovuto sapere che non sono tutti come lui i politici, che dovevo aspettarmi anche delusioni, personaggi di livello meno brillante, se non finzioni. Giuseppe Chicchi, altra figura chiave nel mio cammino di comunicatore politico, li chiama “il panorama”, altri li chiamano “truppe cammellate”. Io, che amo George Orwell, li paragono alle Pecore che col loro belare bloccano le discussioni della comune ne “La fattoria degli animali”. Sono quelle figurine che nella politica trafficano a modo loro, per puntellare consenso a seconda di come tira il vento, negli organismi più o meno dirigenti o collegiali, o nei consigli comunali. Ne ho raccontato qualcuno attraverso un personaggio immaginario, Piccolo segretario. Sono quelli che ti fanno disinnamorare della politica, o alimentano le parole – altrettanto vuote – di Grillo, che per fare carriera si mettono un po' in mostra nelle assemblee copiando e incollando i discorsi dei più bravi o dei leader del momento. E così fanno, chiamiamola così, carriera. Ma sono solo finzione. Il Pd è un desiderio, quindi, di liberare la politica della mia città da questi personaggini mediocri, pur sapendo che non tutti possono essere statisti, ma che nemmeno si possa far credere a un quaquaraquà di essere un valente politico, né che la politica sia solo un campo dove valgono le regole della carriera, al pari del mondo del lavoro. Il Pd è il desiderio che la politica torni ad essere partecipazione, e non il terreno dove chi ha idee viene guardato con sospetto, o allontanato da pratiche deludenti. Ho detto deludenti, non parlo né penso a illecite, perché nella comunità politica, e per me, restano inaccettabili. Insomma, il Pd vorrei che fosse un partito senza trucchi, trasparente, aperto a tutti, dove si può dire la propria senza sembrare “strano”.
Le primarie possono essere un'occasione. La prima, almeno, non quella risolutiva. Lo deve essere, perché un semplice maquillage non sarebbe accettato. Né da chi ha scelto di seguire davvero questo percorso doloroso – sì, doloroso: provate a mollare la vostra appartenenza, i simboli, le liturgie, le parole che hanno contraddistinto una vita, anche solo un termine, compagni, con i quali ti rivolgi agli amici di partito – e incerto, perché rinnovarsi vuol dire sapere cosa lasci, ma non ciò che diverrai. Né sarebbe accettato da chi guarda con speranza – pur accordando solo il proprio voto - a una formazione che raccolga insieme le spinte progressiste e democratiche che hanno radici comuni, anche se lontane, nella Resistenza, nei concetti di democrazia e di bene comune, racchiusi nella “Res publica”.
Domani io sono ai seggi, come tanti altri che come me condividono questo percorso. E come loro ho un po' di paura. So chi sono e so cosa penso. E fino a domani avrò una comunità nella quale riconoscermi, pur con qualche scazzo e distinguo, qualche delusione, qualche dubbio - perché solo i cretini non hanno dubbi - ma molte, molte idee, entusiasmo ed emozioni condivise. Da dopodomani questa comunità sarà diversa, sarà nuova e spero più grande, spero che sia meno ricca di burocrati della politica, che ripropongono le formule a loro care perché non sono permeabili al nuovo e al diverso. Spero che tutta la comunità del Partito Democratico sia più permeabile agli altri, che non sia la somma di correnti né di gruppi, ma un laboratorio democratico dove far rinascere la cittadinanza. Ci devo essere perché credo che ce ne sia bisogno, per noi (ormai ex Ds) e per il nostro futuro di cittadini. Ci devo essere perché le parole di Giacomo Ulivi, un ragazzo partigiano ucciso da chi nella democrazia non credeva - “No, non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere” - non ricadano su di me e sulla mia militanza civile, attraverso quello che credo sia lo strumento più complesso, più democratico e, nello stesso tempo, più fragile: un partito.
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furio (non verificato)
26 Ottobre, 2007 - 11:03
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questa è la "II
questa è la "II repubblica", pataca! per "prima" si intende quella pere- "mani pulite" - ma le hai fatte le medie?
Enrico Rotelli
26 Ottobre, 2007 - 12:02
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Perché, caro collega -
Perché, caro collega - nel senso di pataca - Furio, tu credi davvero che il trapasso tra prima e seconda repubblica sia avvenuto compiutamente? Che si sia concluso con la stagione di Mani Pulite? Berlusconi non è forse un personaggio che è cresciuto all'ombra della prima repubblica e che, eclissandosi i suoi sponsor, ne ha preso il posto, facendone proseguire i metodi? Io non direi, a giudicare da ciò che vediamo, dal sistema elettorale (balzato indietro di anni, con la cancellazione del maggioritario e della scelta del candidato), e da tante altre piccole e grandi cose, e dal malcontento che si sente in giro, anche senza essere dei grilliani. Hai bisogno di una data certa, come sapere se la storia contemporanea inizia con il congresso di Vienna o prima? Dai, sono pinzillacchere... Per le medie: le frequentavo quando hanno rapito Moro. Come facevo a studiare Mani pulite?!
furio (non verificato)
26 Ottobre, 2007 - 17:33
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... be' ho detto "le medie"
... be' ho detto "le medie" per dire che per un'analisi politica mi sembrava un errore grossolano: non che sia una terminologia tecnica tuttavia, comunemente, quanda si parla di "Prima Repubblica" si intende, come ho detto sopra, il periodo pre - 1992. E ora leggendo che nel '78 facevi le scuole medie - e pertanto devi avere una quarantina d'anni - trovo la svista ancor più grave. Sulle primarie telegraficamente: a mio giudizo è roba "bulgara". Ciao
Nino (non verificato)
13 Ottobre, 2007 - 14:39
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Domani potrebbe cominciare
Domani potrebbe cominciare un nuovo futuro politico per l'Italia, credo migliore.
Altrimenti, avremmo assistito alla consunzione della politica, peraltro per molti versi già avviata.
La lettura del tuo blog, mi ha confermato e confortato.
Grazie. Semi da Treviso
Elfo Bruno (non verificato)
13 Ottobre, 2007 - 15:37
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Invece io non andrò a
Invece io non andrò a votare, per le ragioni che puoi leggere qui:
http://elfobruno.ilcannocchiale.it/post/1645985.html
Enrico Rotelli
13 Ottobre, 2007 - 16:45
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@ semi Lo spero: buon 14
@ semi Lo spero: buon 14 ottobre
@ Elfo Bruno Ho letto le tue ragioni, capisco la tua amarezza e la tua delusione, che nasce - e finisce, da quel che ho letto - sulla questione Pacs / Dico. Ne sono deluso anche io, da cittadino, che crede alla necessità di tutelare i legami tra persone - senza alcuna discriminazione - e che sa bene quanto possano vivere ed essere forti ben oltre la parola "matrimonio". Non dico "non vivo più con S.", dico che mi sono "separato" da lei, tanto era forte il legame, anche se non era un matrimonio.
Se dovessi fare le mie scelte solo su questa vicenda - Pacs / Dico, intendo - sarei d'accordo con te. Ma non c'è solo questo traguardo da raggiungere. E per una battaglia persa - per ora - non mollo tutto. Spero che il Pd possa farti cambiare idea, attraverso i fatti.
Elfo Bruno (non verificato)
13 Ottobre, 2007 - 19:59
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Se tu fossi nero e ti
Se tu fossi nero e ti trattassero da negro, staresti in un partito così figo su tutto tranne che sulle questioni di uguaglianza razziale? Occorrerebbe cominciare a capire il punto di vista di chi non corrisponde alla triade "maschio-bianco-eterosessuale" per comprendere un po' meglio una realtà che è molto più varia rispetto alle esigenze della "massa" dei "normali" (e normati).
Mauro (non verificato)
14 Ottobre, 2007 - 18:07
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Kikko, io ho votato
Kikko, io ho votato perchè non sono ancora convinto che siano tutti uguali e anche perchè conosco persone che, con i capelli bianchi, continuano ancora a crederci e a darsi da fare senza avere alcun interesse personale da difendere. Questa mattina voleva votare anche una mia amica di Bellaria, ma ha trovato, inspiegabilmente, il seggio chiuso (n.3 di Bellaria Bordonchio), contattato telefonicamente un candidato ci ha detto che il seggio era al primo piano di una palazzina e che probabilmente qualche condomino (probabilmente di centrodestra ;-) ) aveva chiuso il portone. Morale: la prossima volta cambiate location o accertatevi preventivamente dell'orientamento politico di tutti i condomini della palazzina... Saludos