La storia della colonna infame si ripete a Rimini: boicottano la compagna per pidocchi che non ha. La scuola la manda a casa.

Non hanno avuto bisogno di Youtube per il loro episodio di bullismo scolastico: è bastata la pilatesca complicità dei loro insegnanti ad una scolaresca di una scuola superiore di Rimini. In quindici, riporta il Corriere di Rimini di oggi, si sono rifiutati di rientrare in classe finché c'era lei, la compagna, accusata di essere portatrice di pidocchi perché, hanno detto, si grattava spesso. Poco importa che il grattarsi può nascere da diversi fattori: un tic nervoso, una situazione di stress, problemi circolatori: un medico può raccontarne molti di più e meglio di me. Non si può, forse, raccontare il disagio di questa adolescente, che certo ha sentito tutto il peso della solitudine davanti alla discriminazione di questa massa ottusa di compagni di scuola. Tutti fuori, ad attendere che la ragazza levasse il disturbo della sua presenza, mercanteggiando la selezione di quali comportamenti - o disfunzioni, o problemi: chi può dire quale altro metro di selezione potrà scegliere la scolaresca in futuro? - con i loro pedagoghi e l'autorità scolastica. Perché l'accusa non solo è stata fatta in modo odioso, una pubblica messa all'indice, ma era basata solo su un pregresso lontano: otto mesi prima la ragazza aveva subito l'attacco dei parassiti, come è accaduto a tantissimi ragazzi nella loro carriera scolastica. Ieri, è stata messa all'indice da un'accusa priva di fondamento. E i pedagoghi, l'autorità, hanno abdicato all'ignoranza. Spedendo lei a casa, non la scolaresca con una sospensione.

La notizia non getta solo un'ombra vergognosa sugli autori materiali della protesta, rei in fin dei conti di una feroce ignoranza che proprio la scuola dovrebbe lenire attraverso l'educazione. Lo è ancor di più per chi ha tollerato l'intolleranza, per chi ha abdicato al suo ruolo di educatore, per chi, a fronte di un gesto di massa irrazionale e irragionevole, non ha sostenuto e aiutato chi si trovava in minoranza. Insegnanti, e responsabili scolastici, se tutte le versioni dei fatti esposti sono state tali, hanno avvallato questo ignobile gesto di bullismo. Lavandosene, come Ponzio Pilato, le mani.

Si, bullismo. Quanto dolore può provocare uno schiaffo o una violenza fisica in una classe? E quanto ne prova un'adolescente, di fronte a una simile umiliazione, isolata, bandita da coloro che, ogni giorno, condividono la stessa fatica di crescere e imparare? E che fiducia può avere questa ragazza nelle persone e nelle istituzioni, se le prime che incontra nel suo cammino di donna si arrendono all'ottusità e la lasciano sola?

Probabilmente gli attori di questa vicenda ne sono consci, se è vero che hanno pregato il giornale di non mettere il nome dell'istituto, trincerandosi dietro "la privacy della ragazza". Il che, fa ridere: più che tutelare lei, dopo che è stata umiliata di fronte a tutti, e facendola accomodare fuori sulla base di un'accusa inesistente, l'istituto più probabilmente ha preferito evitare una pubblica esposizione. Possiamo sperare solo che chi ha accettato questa rivolta debba - forse, nel caso, chissà - essere chiamato dal Provveditorato a rispondere delle sue colpevoli omissioni. Quantomeno di civile, e umano, soccorso.

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