C'è uno strano destino in chi, come me, ha un soprannome come Kikko. Con o senza kappa, sei perseguitato dalla pubblicità dell'omonima casa di prodotti per bambini. E quindi, da quando cominci a frequentare i luoghi pubblici, dove incontri tuoi pari, asilo, scuola, catechismo, lavoro e tutte le diavolerie sociali - inclusa la disco - il lavoro dei pubblicitari ti si riversa contro. Quasi una maledizione. "Piacere, Kikko..." "Dove c'è un bambino...", ovviamente cantilenato. Le scelte sono poche: o cancelli il soprannome - e in Romagna è un problema, te ne affibbiano un altro, magari nemmeno di tuo gusto - oppure ti armi di rassegnazione e impari a gestire gli sguardi, permeandoli. Non di odio, a che serve poi: i motti o sono per presa in giro, e la rabbia li alimenta, o sono battute di spirito innocenti, scontate ma innocenti. Ecco, negli sguardi puoi solo dire: toh, che gustosa novità questa battuta, l'ho sentita solo dalla prima elementare!!!