In morte di Giordano Gentilini
Ci sono persone di fronte alle quali ci si sente ragazzi. Possono scoccare i trenta come i cinquant'anni, si possono avere i capelli bianchi o aver affrontato le prove più mature, ma egualmente ci fanno sentire così. Dei ragazzi che ancora hanno di fronte una strada che si può, si deve percorrere per raggiungerle- Badate, non è la sensazione che si vive di fronte ai “grandi”, agli irraggiungibili che vestono gli abiti sfavillanti del successo, tessuti dalla propria fortuna. Questi passano, le loro tracce si attenuano o si dissolvono man mano che si cresce. Coloro che ti fanno sentire ragazzo, con tutto il bello che racchiude la parola, sono pochi. E' la più nitida delle sensazioni che porto nel cuore, frequentando Giordano. La più chiara in un momento così confuso, nel quale mi sento smarrito.
Sì, smarrito. Ho perduto un amico che ha fatto da bussola nella mia crescita disordinata e tumultuosa nella politica. Nel quale mi sono imbattuto nel 1996, e che negli anni a seguire sapevo di poter consultare, tra le mura della sezione Tre Martiri, la sua seconda casa, o nello spazio tra la questura e piazza Cavour. Perché c'era sempre. Per me come per i tanti amici e compagni che si sono abbeverati al calice della Res Publica, nei tanti gusti che ci ha riservato. Anche i più amari.
Ha un sapore diverso oggi, questa nostra comune passione. Così distante da come l'abbiamo coltivata tra le mura della Tre Martiri, per me ancora naturale chiamarla Sezione anche se i tempi l'hanno mutata in circolo. L'assenza di Giordano acuisce lo stato di distacco che sento, aggiunge smarrimento al disincanto che provo, leggo, ascolto nel quotidiano, magari scuotendo la testa. La sua assenza è una cesura che mi costringe a riprendere in mano il filo spezzato per tesserlo in un altro modo. Come non lo so. So solo che per quanto mi senta distante o smarrito, ciò che ho appreso con lui è una parte inscindibile da me, inalienabile anche se i tempi che stiamo vivendo gridano il contrario.
Politica, partito, militanza, rappresentanza. Queste parole le abbiamo vissute intensamente, ciascuno nei mille rivoli che la Res Pubblica ci offre. Ma le abbiamo anche viste svuotare di significato, scientemente o inconsciamente. Le abbiamo viste piegate da mode, desideri, ambizioni, tutte centrifugate nel sordo furore che ci circonda. L'assenza di Giordano domenica mi ha riportato a queste quattro parole, perché per come l'ho frequentato e ascoltato, le ha rappresentate. Se devo indicare qualcuno che più di altri le ha fatte sentire reali, tangibili, ancora ricche di senso, non ho dubbi. Per questo voglio continuare a tenerle care. Come suo dono prezioso.