“Fottetevi. Tocca a voi pagare i costi della crisi”: Massimo Carlotto, La banda degli amanti

Massimo Carlotto

In quel periodo non riuscivo a smettere di seguire programmi assurdi che raccontavano la crisi degli Stati Uniti. Banchi di pegni in città economicamente fottute come Detroit, con file interminabili di afroamericani che cercavano di piazzare qualsiasi cosa in cambio di pochi dollari. Aste di case o di ville disputate come battaglie da squali che diventavano personaggi televisivi. Box di sterminati self storage i cui lucchetti venivano aperti con tronchesi. I compratori avevano cinque minuti per dare un'occhiata dall'esterno, poi si contendevano con rilanci da cinquanta dollari oggetti che avevano fatto parte della vita di altre persone che un giorno non erano più state in grado di pagare l'affitto.

Impossibile non meravigliarsi della bassezza dei contenuti, eppure qualcosa mi spingeva a seguirli. In particolare quelli ambientati nel mondo dei pegni. Donne che volevano pagare la cauzione per tirare fuori di galera i loro uomini e che dovevano arrendersi all'idea di non farcela perché i loro gioielli, televisori, computer, pellicce venivano pagati una miseria.

Ogni tanto arrivava qualcuno che doveva pagarsi le medicine ma quelle scene no riuscivo a reggerle e cambiavo canale.

Un tempo attendevo il sonno con scorpacciate di televendite. Ora la civiltà televisiva offriva di meglio, il voyeurismo sulla povertà della grande America. Il messaggio era sempre lo stesso: “Fottetevi. Tocca a voi pagare i costi della crisi”.

L'Alligatore, ne La banda degli amanti, di Massimo Carlotto.

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