Chiude il mondo di Galatea. Ed io mi sento un po' più solo

Tra i miei blog preferiti c'era Il mondo di Galatea . C'era, perché ha chiuso. E' incappata in un problema professionale: scrivendo narrazioni ad ambientazione scolastica, alcuni suoi alunni si sono immedesimati nei personaggi da lei creati per raccontare una scuola media nel Nordest. Perché lei scrive, anche, del Nordest. E anche per questo la leggevo con gusto. Un gusto condiviso con altri 500 lettori al giorno, tanti ne ha raggiunti in appena un anno di vita e un po' Il mondo di Galatea. Storie di vita quotidiana tra scuola, politica, società nel bianco Veneto, personaggi che si affacciano in qualche post ogni tanto per raccontarlo, fuori dalle cronache, nel territorio della finzione.

Non era un appuntamento quotidiano, era l'appuntamento preferito in questa blogosfera tanto strombazzata quanto fasulla. Almeno, in larga parte. Un appuntamento che mi ero dato con molto gusto. Perché c'era qualcosa, in quelle pagine. Ogni tanto capita di incappare in qualcuno che scrive, che ti appassiona. Io mi ero scuffiato per Galatea. Davvero, una scuffia sonante. Al punto che facevo perfino fatica a commentare quel che scriveva. Un bello era anche troppo, non c'era bisogno di aggiungere nulla.

L'ho paragonata a Cuore, il settimanale di resistenza umana e a Domenico Starnone, che all'epoca aveva scritto dei testi sulla scuola. Non mi ricordava lui come stile - sono passati tanti anni, chi si ricorda più Ex Catedra o Fuori registro - mi ricordava il gusto provato nel leggere Starnone. Molto gusto. Probabilmente perché lei ci mette molto nella sua scrittura, molto più che la voglia di raccontare un pezzettino di sé in qualche pagina digitale, qual è alla fine un blog. E si capiva bene: "cazzo, questa scrive" mi sono detto, quando l'ho letta per la prima volta. E l'ho detto per pochi altri.

Cosa l'ha portata a chiudere questa esperienza proficua e fulminante: cinquecento lettori al giorno, provateci voi ad agguantarli, mantenerli, rinnovarli, nel giro di un anno o di una vita: è un lavoro. Vuol dire scrivere ogni giorno, anche più volte al giorno, rispondere ai loro commenti, scherzarci, discutere, litigarci pure, perché gli stronzi, si sa, ci sono ovunque, e vengono attirati da chi ha un certo successo, anche nella blogosfera. L'ha interrotta un problema di autocensura, per dirla - arbitrariamente - con una parola: qualcuno si è riconosciuto nei suoi personaggi. Un problema comune, se solo ti azzardi a scrivere un racconto prendendo spunto da quel che ti accade intorno. Hai un bel dire al soggetto: guarda che è fantasia, lo spunto serve solo a creare qualcosa che non c'è per raccontare meglio qualcosa che senti. Ecchediamine, tentiamo di fare letteratura, web, ma pur sempre letteratura.

Se normalmente accade, se al limite all'amico puoi anche dire, dopo averlo spiegato e rispiegato senza che senta ragioni, ma va a ranare, per Galatea la cosa ha assunto un tono forse troppo grave. Perché 'sta storia ha creato un conflitto, tra il suo ruolo pubblico, l'essere insegnante, e il suo privato, scrivere sotto pseudonimo, i suoi legami di ogni giorno con i suoi ragazzi e i suoi legami con il desiderio di raccontare. E ha fatto una scelta. Per me, lettore, dolorosa. Sì, dolorosa, cerco di non usare parole a caso. Ma anche come pseudo autore. Perché già scrivere non è facile. Mettersi a nudo, non è facile, sentirsi libero di parlare liberamente, di raccontare quel che ci va, non è facile, liberarsi da lacci e lacciuoli di rapporti, idee, ruoli, non è facile. Chi legge, e ti conosce, poi va a cercare connessioni, posizioni, talloni d'Achille ecc. ecc. E' uno dei privilegi del lettore, lo si accetta. Ma se questi privilegi poi ti passano sopra, ti sovrastano, ti costringono a chiudere la bocca, beh, questo non va.

Galatea ha dovuto chiudere, perché evidentemente il conflitto tra il suo ruolo e i suoi rapporti con i suoi "ciccini", come chiamava i ragazzi, era troppo grave. E magari sono quegli stessi ciccini che non avrebbero esitato a riprenderla per sbatterla su youtube, se come prof avesse fatto anche solo un passo falso, come è accaduto ad alcuni insegnanti. Ha chiuso per loro. Per dei piccoli personaggi che hanno cercato un autore, ma solo per zittirlo.

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Commenti

In questi casi è tarpare le ali, davvero un peccato (e uno spreco!).
Quando si scrive (carta o blog) si ha un'enorme responsabilità. Se i possibili conflitti di interesse, poi, toccano le persone, tanto più minori, la faccenda è ancora più delicata...
Diventata "blog dipendente" (con alcuni limiti e "distinguo", graziaddio) io starei fisicamente male, se oggi dovessi smettere di scrivere sul blog. Se uno poi volesse proprio ammazzarmi, dovrebbe togliermi, nell'ordine: la connessione a Internet, il pc e la tastiera, carta e penna, libri e giornali. Ah, dimenticavo: gli occhiali e "la testa", indispensabili per utilizzare tutto quanto elencato sopra (gli occhiali nuovi li ho appena comprati; la testa... beh, questa è un'altra storia: ti saprò dire).
Intanto, meglio ridere, dai!
At salut.
:)

Hai detto bene, tarpare le ali. Per cosa, poi, mi riesce difficile da capire. Però è andata così, e me ne dispiace, perché arrivare a chiudere è il segno di una pressione grossa. Troppa, rispetto alla persona e ai testi che ho letto, ironici, divertenti e leggeri. E ancora, vado a memoria, non comprendo come potessero, non dico fare male, ma nemmeno dare fastidio.
Bah...

Ciao Kikko, io Galatea l'ho conosciuta grazie a te e subito l'avevo inserita nei miei  preferiti, perciò non posso che accodarmi a coloro che provano in questo momento un  profondo dispiacere per la chiusura del suo blog!stefano