L'amico Giovanni Benaglia salpa con Civati. Auguri.

Giovanni Benaglia

Faccio fatica politicamente a seguirti, amico mio, anche se ti capisco. La strada che hai scelto ha certamente più possibilità a livello nazionale, è tutta da costruire e da percorrere. E Civati ha sicuramente più possibilità di aggregare di quante nel Pd, in questo momento, gli siano concesse. Anche gli spazi sembrano infiniti, a leggere le percentuali di astenuti nelle ultime tornate. Mi chiedo però se questa nuova frontiera attenda un messaggio salvifico a sinistra oppure più prosaicamente attenda e basta, coprendo con l'attesa un'apatia politica lasciata finalmente libera dalla caduta dell'obbligo di voto. Ma questi sono borbottii di un “vecchio” critico rompicoglioni.

So bene cosa lasci, a livello locale: le fruste e logore liturgie dei circoli (miseri salvadanai per la federazione), riesumate quando va bene da piccoli raiss di quartiere e dai loro lanzichenecchi, quando va male agitate da colonnelli senza truppe che coartano altri colonnelli. Ovviamente anch'essi senza truppe al seguito. Del resto, in questa fase, la politica si fa in altri luoghi, fisici e virtuali, per cui va già grassa se si becca un segretario che accetta di fare il suo mestiere dignitosamente e con pazienza: tessere vere e tenere la botta quando serve.

So altrettanto bene quale futuro ti sarebbe riservato, in un partito che si barcamena tra l'adagio che “i gattini si uccidono da piccoli” e gracili generazioni – a essere generosi - create per non sopravvivere ai genitori. O le correnti – mamma mia! - o il limbo della palude Stigia: dove si agitano i velleitari, qualcuno ancora in attesa di un posto a corte (qualunque corte), qualcuno agitando la bandiera del proprio ego perché prenda vento. Un po' pochino per le tue qualità, diciamolo.

Ma fuori? Cosa c'è fuori, oltre la vaga idea di praterie di elettori disillusi? C'è davvero qualcosa oltre “il panorama” - mutuo un'espressione di Giuseppe Chicchi quando doveva discutere con i lillipuziani Pds – di vuote e fruste parole d'ordine “di sinistra” in salsa provinciale? Se togliamo qualche cavallo di razza – Fabio, certo – chi c'è che abbia uno sguardo e una volontà aggregativa – non dico capacità per ovvie ragioni - che possa trasformarsi in un progetto politico fatto per durare, per costruire qualcosa di tangibile, magari – magari! - solido? E con quali truppe? Rimini è piccola, le conosciamo: strateghi abbondantemente sconfitti, irregolari litigiosi, reduci di guerre passate addestrati su mappe scomparse, cavalieri inesistenti, pubblici collettivisti dai privati accaparramenti. Lo sai che questi sono, non nemici tuoi, ma nemici dei loro stessi progetti, perché incapaci di immaginarli costruiti al di fuori del loro orizzonte.

Se sei arrivato fin qui a leggere saprai anche perché ho scritto tutto questo. Non sono disilluso (anche se rileggendomi posso sembrarlo) e non credo che tutto questo sia immutabile. Anzi. Il tempo rivela le cose per come sono. O sono state. E il tempo costringe a creare altri percorsi. Oggi però più che mai solidi. Auguri.

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