Una notte ne «Il segreto del Bosco vecchio»

Ho trovato sul profilo Facebook di Esse, alla voce libri, Buzzati. Ah! Dino Buzzati... Già... Come mai l'ho dimenticato, nel mio elenco dei preferiti?! Il deserto dei Tartari... Poi Esselunga è venuta a mangiare e abbiamo chiacchierato, cose di vita così, amore, lavoro... Lavoro che si trascina, forse un po' stancamente, in attesa di qualcosa, sì ma cosa, gerarchie che si riflettono nel lavoro che si trascina, in attesa di qualcosa sì ma cosa, magari prove, in attesa di un avanzamento che ne dissolva una parte del peso per liberare una parte del volo che c'è, sì, perché c'è un volo, racchiuso nel lavoro che si trascina, forse un po' stancamente, in attesa di qualcosa, sì ma cosa...

«Buzzati! Il deserto dei Tartari», le faccio. «Buzzati lavorava al Corriere della sera, faceva il turno di notte - e intanto scaldo l'acqua, prendo le tazze, «son belle queste tazze dell'Ikea», «Sì» il solubile decaffeinato, lo zucchero... - revisione di bozze, titoli, robe così prima di andare in stampa. Insomma, un lavoraccio. Che non ne vedeva la fine. Allora ha scritto Il deserto dei Tartari. - e intanto passo alla libreria, lettera B... Buzzati... Prendo Il deserto dei Tartari... ma dov'è La boutique del mistero?! Cazzo l'ho perso... Un amore no, non mi piace... Prendo Il segreto del bosco vecchio (come ho fatto a dimenticarlo?!) e glieli allungo - Il giovane tenente Drogo si arruola e lo mandano alla Fortezza Bastiani, ai confini dell'impero o del regno, non mi ricordo. Oltre c'è solo il deserto, dei Tartari. Ci passa la vita, ad aspettare i tartari e una guerra, il tenente Drogo. Invecchia. Poi si ammala, e scoppia la guerra, con i tartari, ma lo rimandano a casa. Lo caricano su una lettiga e lo riportano indietro, e su quella lettiga, mentre è in viaggio, incrocia le file di soldati che combatteranno la guerra che ha aspettato per una vita».

Esselunga strabuzza gli occhi, qualcosa tipo Che sfiga!! Sì, che sfiga, abbastanza da eclissare lavoro che si trascina, forse un po' stancamente, in attesa di qualcosa, sì ma cosa, gerarchie che si riflettono nel lavoro che si trascina, in attesa di qualcosa, sì ma cosa, magari prove, in attesa di un avanzamento che ne dissolva una parte del peso per liberare una parte del volo che c'è, sì, perché c'è un volo, racchiuso nel lavoro che si trascina, forse un po' stancamente, in attesa di qualcosa, sì ma cosa...

I due libri restano sulla tavola, Esselunga va alla riunione che ho evitato, ognuno si incantuccia come può, studiandosi la parte. Ora di letto e riprendo Il segreto del bosco vecchio. Come ho fatto a scordarla, questa bella favolona per adulti? Li riprendo, per far chiudere gli occhi, il colonnello Sebastiano Procolo, il nipote Benvenuto, il bosco vecchio e i suoi genii, il Bernardi, il vento Matteo, la gazza guardiana, sulle pagine brunite, picchiettate di ruggine. Tiro dritto, non so fino a dove, Procolo ha già abbandonato Benvenuto nel bosco, sì, il carrettiere aveva già sparso il suo carico di farfalle nel bosco, e questo già mugghiava dolorante tra i suoni della radio del Procolo. Sì, più o meno è lì che dormo. Un po' agitato. Mi sveglio saranno le 6, sigaretta, riprendo le pagine rugginose de Il segreto. Una, la 127, ha l'angolo superiore tagliato da una crepa. E' finito sulla costa tra la 128 e la 129. Ricordo, si è separato da solo leggendolo allora, un difetto della carta. Ritrovo il difetto alla 143, fermato da due pezzetti di scotch, più gialli ancora del foglio, e poi nell'ultima, dove si esaurisce con Joyce, Le gesta di Stephen l'elenco della collana: un foglio di stampa fallato.

Procolo è cambiato, sente il peso della sua durezza, l'empietà dei suoi progetti assassini. La sua ombra gli si è rivoltata contro, non gioca come quella di Peter Pan: lo punisce abbandonandolo. Il vento Matteo non fa più paura, Benvenuto cresce, si avvicina l'epilogo. Nella notte di Capodanno Procolo ritroverà sé stesso, il suo orgoglio e la sua ombra nella neve, mentre immobile lascerà salire il freddo dagli arti. Il vento Matteo lo seguirà, legato a lui nel destino di un giuramento, salutando Benvenuto:

«questa forse è la notte famosa in cui finirai di essere bambino. Non so se qualcuno te l'ha detto. Di questa notte i più non si accorgono, non sospettano nemmeno che esista, eppure è una netta barriera che si chiude d'improvviso. Capita di solito nel sonno. Sì, può darsi che sia la tua volta. Tu domani sarai molto più forte, domani per te comincerà una nuova vita, ma non capirai più molte cose: non li capirai più, quando parlano, gli alberi, né gli uccelli, né i fiumi, né i venti. Anche se io rimanessi, non potresti, di quello che dico, intendere più una parola».

Nella notte di Capodanno dei Procolo ritrovo le dimenticate scie umide che il Bosco vecchio di Buzzati continua a distillarmi.

Argomenti: 
Autori: 

Commenti

Drogo lo conosco già, Procolo no. Dopo il tuo post... urge rimediare! Ciao, Kikken!

.... davvero bella, non te ne pentirai.