In viaggio con la zia

Rita Rotelli in Bagli

Prima o poi la telefonata doveva arrivare: «tuo padre sta male, è in ospedale». Se hai una famiglia diffusa su più città lo devi mettere in conto. Era successo a mio padre, quando vivevamo a Gaeta, anni fa è toccato a me. Io son stato fortunato, tutto sommato, forse c'erano i tempi per arrivare in tempo per un ultimo saluto. Più fortunato di mio padre di sicuro, che invece ricevette la prima telefonata nel '72, quando nonno se n'era già andato per un attacco di cuore. Per l’ultima gli andò ancora peggio: le condizioni di salute non gli permisero di venire a salutare mio fratello Roberto nell'ultimo viaggio. Non so se le mie povere cronache telefoniche lo abbiano aiutato più di tanto nel suo dolore “esiliato”. Ma andò così e non si poteva fare nulla di più dell'annullare le distanze attraverso la voce.

Il preavviso era chiaro, anche perché di solito avvertivano dei vari ricoveri dopo la dimissione, per non metterci in allarme. Jean, sua moglie, fu ancora più chiara, occorreva prepararsi al peggio, lasciando all'indomani notizie mediche più precise. Che arrivarono altrettanto chiare il pomeriggio seguente, via web: i medici avevano smesso con i medicinali lasciandogli solo gli antidolorifici. Forse avevamo un paio di giorni. Feci il giro di telefonate ai miei zii Francesco e Rita e, in attesa che potessero organizzarsi con gli impegni delle rispettive famiglie. Libero com'ero, mi portai avanti, cercando sul web le opportunità per l'itinerario più veloce: treno o auto fino a Milano, dove l'indomani mattina a Malpensa c'era un volo Easyjet verso 10 e mezza per Edinburgo. Poi l'auto fino alla clinica universitaria di Dundee. Al rientro di Jean dall'ospedale, in serata, avrei saputo chi poteva esserci, quanti biglietti avrei dovuto acquistare, chi ci avrebbe invece raggiunto nei giorni seguenti e dove alloggiare una comitiva ancora imprecisata. Due obbiettivi soltanto, per me preparare il viaggio, per gli altri cercare di pesare il meno possibile su Jean, che aveva già abbastanza pesi da sopportare in questa situazione. Altro non si poteva programmare.

Jean chiamò per gli ultimi ragguagli. Poi mio zio Francesco, che non poteva essere della partita. Ci avrebbe raggiunto. Non era un problema, avrei comunque affittato una macchina abbastanza comoda per loro e per fare la spola tra aeroporti, casa e ospedale, mentre le strade scozzesi, oltre che comode e ben tenute, mi erano abbastanza familiari. Restava mia zia Rita, la minore dei tre fratelli. Il cellulare squillò illuminando sul display il suo nome, mentre ero con la carta di credito in mano e il sito Easyjet nello schermo. Ma non era lei, era mio zio Augusto che mi diceva che lui non poteva partire. Io, un po' ingolfato nella fretta, lo interruppi dicendo che non c'era problema, che mi ero preparato a questa eventualità e che... «Lasciami parlare» - mi disse. Con un tono fermo riprese: «Io non posso venire, ma sarei molto più tranquillo se tua zia Rita venisse con te in questo viaggio fino in Scozia». Nella concitazione del momento avevo temuto volesse rimandare la partenza. E invece mi affidava sua moglie.

La cosa mi fece sorridere: Rita e Augusto mi avevano badato quando ancora ero un bambino. Il motto ricorrente di Augusto sulla mia infanzia è «Sai quante cacche ti abbiamo ripulito...». Erano ancora fidanzati e io mi accucciavo sul lunotto della sua 850 sport, parcheggiata fuori il giardino di nonna. Questa investitura – hanno brillantemente superato i settant'anni e io son sempre stato il nipote un po' eccentrico, per usare un eufemismo - mi faceva un po' sorridere. Ma stetti al gioco e gli sottoposi il programma che mi ero prefissato: macchina fino a Milano... «Preferiremmo il treno, Kikko...». «L'ultimo treno utile è alle 3 di notte, zio, ce la facciamo?» «Sì, ce la facciamo. Va bene alle tre di notte». «Ok, poi a Milano prendiamo il bus navetta fino a Malpensa, ce n'è uno ogni mezz'ora, poi c'è l'aereo...» Una volta ottenuto il suo assenso, mi passò zia Rita e cominciai la prenotazione del volo, mentre mi dava gli estremi del suo documento di identità. Erano le 10 e mezza di sera, ci lasciammo con appuntamento in stazione alle tre. Alle 2 e un quarto erano fuori casa mia: mi erano venuti a prendere.

(Continua, forse)

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