Il Giacobino delle ferriere
Pur non amando le liturgie, alcune che riguardano la leadership e il rapporto con i sostenitori le ritengo ineludibili: quando si devono prendere decisioni importanti, quando si vince, quando si perde. Che si parli di politica o che si parli di impresa ben poco cambia: il leader si deve presentare di fronte al suo pubblico e con esso confrontarsi. In questo gesto si può misurare la propria forza (o quella rimasta) e il seguito che ha. Quando ancora c'era Cuccia a guardia del capitalismo italiano, leggendo un articolo su un'assemblea di una grande azienda trovai l'espressione «parco buoi»: è la definizione dei piccoli azionisti che non hanno molta voce in capitolo sulle sorti dell'azienda. Quelli di cui ben poco chi siede nel consiglio di amministrazione si preoccupa, o perché speculatori o perché hanno quote di capitale risibili. «La locuzione rappresenta una metafora – si legge su Wikipedia - che accosta questa folla di improvvisati investitori a una schiera di bovini in attesa, inconsapevoli di essere destinati al macello, mentre dietro di loro è già pronta una nuova generazione di capi che andrà a sostituirli». Ecco, vedere il Giacobino che non si cura di riferire al “suo” popolo le ragioni della sua sconfitta (sua di lui), ma si si prende un maalox e vola in Europa a parlare con Farage, non mi ha ricordato un leader politico, piuttosto l'azionista di riferimento di un'azienda, incurante di chi in questa impresa non ha messo certo capitali, ma impegno sì.